Dopo 7 anni chiude l’ex Cartiera, il centro di accoglienza per soli rom
Dopo 7 anni chiude l’ex Cartiera, il centro di accoglienza per soli rom di via Salaria. Associazione 21 luglio, che denuncia da sempre le condizioni di vita inadeguate al suo interno, esprime una moderata soddisfazione.
Alle ore 10 di oggi si sono chiusi i cancelli dell’ex Cartiera, il Centro di via Salaria 971 che dal novembre 2009 è stato destinato all’accoglienza di soli rom. Il 24 settembre 2010, Associazione 21 luglio era stata la prima ad entrare all’interno della struttura per verificare e denunciare la precarietà delle condizioni di vita al suo interno. Le immagini catturate nel Centro destarono preoccupazione e indignazione e per mantenere alta l’attenzione sulla questione, a maggio del 2011 l’organizzazione presentò “La Casa di Carta”, un report dettagliato sulla struttura dove si denunciavano le pessime condizioni igienico-sanitarie, spazi asfittici e privi di finestre, la carenza di bagni.
Nell’ambito della campagna “Stop all’apartheid dei rom”, il 21 ottobre del 2013 Associazione 21 luglio organizzò una visita istituzionale con i senatori Francesco Palermo e Daniela Donno, durante la quale vennero ancora una volta ribadite le condizioni di vita del tutto inadeguate all’interno della struttura. La mobilitazione non si fermò e il 22 maggio del 2015, pochi giorni dopo la presentazione del rapporto “Centri di Raccolta s.p.a.” che denunciava il business dei centri di raccolta per soli rom a Roma, Associazione 21 luglio organizzò una nuova visita istituzionale con un membro della Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani al Senato. Ancora una volta finirono nel mirino le condizioni inumane all’interno del Centro a fronte di costi di gestione annuali superiori ai 2 milioni di euro.
A marzo del 2016 la storia dell’ex Cartiera sembra doversi interrompere bruscamente dopo l’annuncio di uno sgombero imminente che avrebbe lasciato in strada 348 persone – di cui 180 minori – senza un adeguato preavviso né la concessione di un’alternativa abitativa adeguata. Di fronte al pericolo di una tale violazione, Associazione 21 luglio insieme ad altre organizzazioni si è appellata alla Corte Europea di Strasburgo, che attraverso l’adozione di una misura di urgenza, ha ordinato al Governo Italiano di non procedere con lo sgombero forzato del nucleo familiare che aveva presentato ricorso.
In seguito a questi fatti – da maggio ad oggi – l’Amministrazione Comunale ha avviato un dialogo con le famiglie residenti nella struttura e si è assistito ad un graduale trasferimento degli ospiti in strutture giudicate dagli stessi idonee.
Tale dialogo con le famiglie non è stato però portato a compimento ed oggi al momento della chiusura dei cancelli, 38 persone tra cui 10 minori sono dovute uscire dalla struttura in assenza di un’alternativa idonea. L’unica soluzione proposta dai rappresentanti del Comune di Roma comporterebbe infatti la separazione del nucleo famigliare con l’accoglienza all’interno di un dormitorio pubblico.
Associazione 21 luglio da una parte esprime soddisfazione perché il lungo lavoro di pressione per la chiusura della struttura è stato portato oggi a compimento attraverso la chiusura della stessa, dall’altra denuncia una consultazione con le persone residenti non sempre adeguata e che non ha tenuto conto delle fragilità di cui ogni singolo nucleo è portatore. Per tale ragione viene raccomandata alle autorità locali una ripresa delle consultazioni con i nuclei esclusi dalla ricollocazione al fine, soprattutto nei casi di maggiori fragilità, di individuare a breve una collocazione idonea.
«Chiudere una struttura di accoglienza per ricollocare le persone accolte in baraccopoli istituzionali o in altre strutture emergenziali– secondo Carlo Stasolla presidente di Associazione 21 luglio – non può certo rappresentare la prassi per il superamento delle strutture riservate ai rom, perché non coerente con quanto previsto dalla Strategia Nazionale per l’inclusione dei rom. Ci si augura pertanto che, in forza di tale esperienza possano presto avviarsi progetti di chiusura per le sette baraccopoli istituzionali per soli rom ancora presenti nella Capitale, così come il centro di raccolta di via Amarilli, attraverso processi di ascolto e condivisione e percorsi inclusivi sostenibili, rispettosi dei diritti umani e dell’infanzia».