«Siamo tutti baha’i» — lo spirito di solidarietà cresce a dismisura
Sana’a, Yemen, 23 agosto 2016, (BWNS) — Una straordinaria ondata di sostegno da parte di organizzazioni e di persone ha acceso la speranza nel cuore dei baha’i dello Yemen dopo i recenti arresti nel Paese. Inoltre si è visto fino a che punto la spinta baha’i verso la costruzione dell’unità ha trovato una risposta in tante persone nel Paese e in tutta la regione. Una dichiarazione di sostegno apre con questa energica affermazione di solidarietà: «Siamo tutti baha’i».
Il 10 agosto, soldati armati e mascherati hanno fatto irruzione durante un incontro educativo organizzato congiuntamente dalla Fondazione per lo sviluppo Nida e dalla comunità baha’i dello Yemen sul tema valorizzazione morale e servizio. Più di sessanta partecipanti sono stati arrestati, tra i quali c’erano anche bambini e giovani. La metà erano baha’i e si ritiene che in questo momento una quindicina di loro siano ancora in carcere, comprese alcune giovani madri.
Ma il raid ha suscitato una risposta senza precedenti da parte dei cittadini e della società civile. Una capillare copertura da parte dei media della regione —televisione, Internet e stampa — ha evidenziato l’impegno costruttivo della comunità baha’i e l’infondatezza e l’illogicità degli arresti.
Due dei principali quotidiani pan-arabi — Al-Arab e Al Quds Al-Arabi — hanno ampiamente raccontato l’evento. Tra le innumerevoli altre fonti di notizie che hanno pubblicato storie sul tema vi sono Al Morasel, Al Modon, Akhbar Al Khaleej, Gulf Eyes [gli occhi del Golfo], Al Masdar, Mosnad News, Savone Adan e Yemen Shabab.
«Perché arrestare un pacifico gruppo di baha’i quando il paese è pieno di trafficanti d’armi, di bande, di fomentatori, di sabotatori, di spie e di terroristi in agguato? Con quale coraggio si arresta un gruppo di bambini e giovani indifesi, quando lo Yemen è pieno di migliaia di assassini, ladri, criminali, bande e milizie armate religiose?», chiede lo scrittore Sadiq Al-Qadi in un articolo su Al-Morasel News intitolato «Per amore della fede, della nazione e dell’umanità: liberate i baha’i».
«Che cosa ci guadagna il Paese perseguitando un gruppo che crede nell’obbedienza al proprio paese? Che cosa ci guadagna arrestando persone che considerano il lavoro un atto di preghiera e che si sforzano di servire la comunità?», prosegue l’articolo.
La Fondazione Nida e la comunità baha’i dello Yemen si occupano di programmi per la valorizzazione dei giovani affinché si orientino verso lo sviluppo sociale, morale e intellettuale della società in modo pratico. Entrambi hanno lavorato anche per migliorare la condizione delle donne e promuovere il concetto di parità e, in particolare, l’educazione delle bambine. Inoltre, la Fondazione Nida ha discusso con i capi tribali le profonde implicazioni della pace, della riconciliazione e della co-esistenza in quella società dilaniata dalla guerra.
Anche alcuni capi tribali e concittadini di varia provenienza hanno espresso il loro sostegno. Ad esempio, il sito del «The People of the Quran [Il popolo del Corano]» — un ordine religioso musulmano chiamato anche i Qurani, che conta milioni di seguaci in tutta la regione araba — ha evidenziato la natura pacifica del raduno educativo. Il sito ha dichiarato che l’evento si è svolto «in un’atmosfera di amore e fedeltà verso lo Yemen: un programma pieno di entusiasmo, determinazione e altruismo per servire la causa della pace e della convivenza, della costruzione della comunità e dell’unità tra i figli del Paese.
«Siamo tutti baha’i!» incomincia la loro affermazione.
«Se volete diffondere un’ideologia, mettetela in pratica! Questo riassume l’esperienza umana di qualsiasi nuovo modo di pensare», prosegue la dichiarazione.
L’ufficio regionale di Amnesty International ha rilasciato una dichiarazione che condanna le azioni del governo. «Gli arresti arbitrari di alcuni baha’i i quali non hanno fatto nient’altro che partecipare a un pacifico evento della comunità è completamente ingiustificabile. È solo l’ultimo esempio della persecuzione delle fedi minoritarie da parte delle autorità», ha detto Magdalena Mughrabi, vicedirettrice dell’organizzazione del Programma per il Nord Africa e il Medio Oriente.
Anche i social media hanno pubblicato numerosi messaggi e i sostenitori dei baha’i hanno pubblicato molti hashtag, alcuni in inglese e altri in arabo, #Free_Bahais; #Free_Bahai_Mothers; #Freedom_For_Bahais. Molti hashtag di questo tipo parlano degli arresti ed evidenziano la nobiltà del carattere e delle finalità dei baha’i.
Molte dichiarazioni di sostegno hanno trattato temi analoghi, vale a dire l’importanza delle attività dei baha’i per il miglioramento dello Yemen in un momento di estremo bisogno di sforzi costruttivi. Così travolgente e diffusa è stata la reazione della società yemenita a sostegno dei detenuti che alcuni si sono chiesti chi potrebbero essere i veri istigatori di questo incidente.
L’ufficio della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a New York ha rilasciato una dichiarazione fornendo i dettagli degli arresti.
Uno degli interventi più forti è stato fatto da Arwa Othman, fino a poco fa ministro nel governo dello Yemen e ora attivista dei diritti umani. La signora Othman ha scritto: «Sicurezza nazionale: quale funzione hai oggi? Il paese è incendiato dalla guerra e voi avete dimenticato i vostri doveri e avete fatto irruzione in un incontro educativo per la gioventù che aveva lo stesso obiettivo dei testi di educazione civica che i vostri bambini studiano a scuola.
La dichiarazione prosegue dicendo: «I bambini, i giovani e le donne che avete arrestato non sono nemici ai quali si deve dichiarare guerra e che bisogna arrestare, violando i loro diritti — soprattutto quelli dei bambini. Quali prove avete trovato tra i ritagli di carta e i pastelli che sia stato commesso un crimine?».
Mettendo in evidenza il contrasto con i veri problemi della regione, la signora Othman ha dichiarato: «Quale minaccia vi ha spinti a entrare dell’edificio di una comunità come se ospitasse una cellula terroristica che stesse minacciando la sicurezza pubblica e la sovranità del Paese? Quali campi militari avete scoperto nei ricordi dei bambini, delle donne e degli adolescenti? Quali cellule dormienti di sedizione religiosa e settaria, all’opera per l’interesse dei nemici dello Yemen, avete trovato in quegli ambienti civilizzati?».
Infine, riferendosi alle donne che erano state arrestate, ha scritto: «Che cosa vi è preso, che le avete arrestate? I loro figli soffrono per la loro perdita! Alcuni di quei bambini sono neonati! Cosa è successo a voi e al vostro onore, Sicurezza nazionale”?».
Traduzione di Julio Savi, cliccare qui per l’articolo in inglese.
Immagine 1: “Libertà per i baha’i dello Yemen” è il messaggio di uno degli hashtag che circola nei social media del mondo arabo.
Immagine 2: Diversi messaggi circolano sui social media che richiedono la libertà per i baha’i e fanno appello all’unità e alla comprensione. Alcuni di questi messaggi da sinistra a destra: “Una società non può avanzare se continua a considerare come nemici coloro che sono diversi. E’ pregiudizio cieco ed eresia contro gli altri. E’ un atto selvaggio commesso da coloro che pretendono di essere perfetti e vedono l’imperfezione in altri.” “ I baha’i dello Yemen sono in prigione ingiustamente!” “Dite no alla violenza!”
Immagine 3: un esempio dei numerosi post sui social media a sostegno dei baha’i.
Immagine 4: messaggi che richiedono il rilascio dei baha’i dalla prigione in Yemen appaiono ovunque nel mondo. “Liberate i prigionieri e le prigioniere baha’i” afferma l’immagine qui sopra.
Immagine 5: Ayman al-‘Awami imprigionato, gli è stato impedito di attendere gli esami di maturità. Accusa: ha partecipato ad un seminario sul servizio alla comunità. “Liberate i prigionieri baha’i dello Yemen!”
Immagine 6: “Il silenzio è un crimine! Liberate i baha’i dello Yemen. Liberate questi individui onerevoli!”
Immagine 7: numerosi post circolano nei social media a sostegno dei baha’i.