“SCRITTURE AL SOCIALE”: una nuova rubrica curata da Patrizia Angelozzi
Care amiche e cari amici,
siamo molto lieti di annunciare una nuova rubrica che verrà pubblicata di DOMENICA ogni 15 giorni.
Si intitola “Scritture al sociale” ed è curata da PATRIZIA ANGELOZZI,
Docente per la comunicazione sociale e di scrittura creativa, Scrittrice.
Blog: https://patriziaangelozzi.wordpress.com/ L’inviata sociale Nella redazione di Cultura e dintorni, bimestrale Rubrica per Zonalocale, quotidiano per l’informazione.
L’articolo di oggi: LA VIOLENZA NON E’ UNA COSA DA POVERI
Un eccesso di perfezione. Una famiglia perbene, un uomo famoso e facoltoso che sceglie per moglie una donna di buona famiglia. Carriera, tre figli. Un quadretto ideale, sognato da tanti.
Lui, medico dalla carriera indiscussa, sceglie di essere ‘dalla parte delle donne che subiscono violenza’ esponendosi nei programma Tv come testimonial.
Quanta programmazione di vita, quanti report da raggiungere in nome di una vita di successo? Quanta apparenza?
Non è vero che il femminicidio trova collocazione nelle lacune sociali, nell’emarginazione. Si trova ovunque.
Appartiene a ricchi e poveri. Acculturati di successo e persone in difficoltà economiche e sociali.
Cosa c’è dietro la mancanza dell’intelligenza del cuore anche quando è presente l’intelligenza sociale?
La cultura non protegge e non tutela, a volte crea una mancanza di identità, quando non si ‘permette’ più il mettersi in discussione.
La megalomania come la mancanza di autostima sono due stadi pericolosissimi, rendono sterili la parte umana che trovandosi fuori da canoni prestabiliti per la propria vita e quella della famiglia, si trovano a vivere il cataclisma di un reato efferato che nell’opinione pubblica non trovano un ‘perché’.
E’ necessario, indispensabile ripartire dall’educazione della mente , come nel famoso testo di Giulio Lombardo Radice e dall’educazione all’affettività, così duramente negata, oltraggiata e ritenuta sintomo di fragilità ad ogni manifestazione della stessa.
C’è bisogno di coraggio, quello vero, per essere umani. Quel coraggio che permette di accarezzare con gli occhi e abbracciare, essere vicini alla gioia e al dolore altrui. La forza di vivere ‘un danno’, chiamato sconfitta, fin dai banchi scolastici e nei “no” dell’educazione nei periodi di infanzia e adolescenza.
Come i rifiuti che ogni persona incontrerà da parte di persone oggetto dei nostri sentimenti.
L’educazione genitoriale, ripartendo dalla tenerezza, facilmente abbandonata quando i figli da neonati e piccoli per età anagrafica, vengono lasciati crescere senza sufficiente sostegno affettivo barattato per una compensazione di immagine e di beni.
La violenza non è una cosa per poveri, appartiene a chi vive ai margini e al centro. A quanti per ego diventano sbilanciati verso la proiezione di loro stessi mentre tutto il resto diventa contorno sfuocato.
A queste persone basterà un ‘elemento’ repentinamente (secondo loro) cambiato verso altre direzioni.
La violenza ha un comune denominatore. Il senso unico. Una visione propria e indiscutibile. La rabbia, la presunzione, l’aggressività, la prepotenza di stabilire ciò che non è consentito. Agli altri.