La legge sull’aborto e il degrado polacco
Lunedì scorso, in Polonia, le donne hanno indetto la Black Monday, una giornata di sciopero con l’obiettivo di paralizzare il paese, per protestare contro la legge che vuole vietare l’aborto promossa dalle lobby ultra cattoliche e dal governo di destra
La Polonia ha già una delle leggi vigenti più restrittive sull’aborto, è possibile abortire solo in tre casi: un pericolo per la salute o la vita della donna, la forte probabilità di una grave ed irreversibile condizione di ritardo mentale del feto o il sospetto che la gravidanza sia legata a una violenza. Oggi la nuova legge in discussione in parlamento, denominata ‘Legge per la protezione pre-natale’ vuole eliminare la possibilità di abortire anche in questi tre casi. L’aborto sarà reso completamente illegale, e si potrà perseguire penalmente la donna che ha interrotto la gravidanza e i medici che l’hanno aiutata.
Contro questa proposta di legge si è sollevato un movimento enorme che ha organizzato manifestazioni e azioni nei mesi passati, e che oggi ha indetto uno sciopero delle donne: parole d’ordine della giornata sono #blackprotest e #czarnyprotest. Le donne polacche oggi si asterranno da qualsiasi attività, che siano di lavoro o di cura della famiglia, per protestare contro una legge che le considera meno importanti del ‘nascituro’. La protesta prende esempio dallo sciopero indetto dalle donne islandesi nel 1975, che si presero una “giornata libera” dal lavoro produttivo e domestico per dimostrare la loro importanza nella società.
Riportiamo l’intervento dell’europarlamentare Barbara Spinelli sulla questione:
«La proposta di legge polacca preoccupa, perché vieta l’interruzione di gravidanza in quasi tutte le circostanze. Preoccupa a tal punto che un grande movimento di donne ha frastornato il governo, il quale pensa forse a un’altra legge, magari escludendo dal divieto gli stupri. Ma sarà una legge non meno punitiva. Leggi del genere non miglioreranno perché rientrano in una vasta regressione, cui Kaczyński dà il nome di “controrivoluzione culturale”, incentrata sulla totale fusione tra Stato e Chiesa e la deliberata violazione di precise norme europee sull’accesso non discriminatorio alla salute. La competenza dunque non è solo nazionale.
Anche se restasse la legge vigente, non sarebbe certo un progresso: è tra le più punitive d’Europa. È ora di sostenere la battaglia delle donne che si oppongono. Le loro rappresentanti sono oggi qui con noi in plenaria, e vi invito a salutarle».