Legge sul caporalato: ne parliamo con Marco Omizzolo
E’ stata approvata dal nostro governo la legge sul caporalato. L’Associazione per i Diritti umani ha intervistato, per voi, Marco Omizzolo, da sempre impegnato su questo (e altri) fronti. E lo ringrazia molto.
Dopo tante battaglie, finalmente, è stata approvata la legge contro il capolarato: ce la può delineare nei suoi punti essenziali e commentarla?
Alcuni aspetti della nuova legge sono centrali e molto importanti, a partire dalla responsabilità penale del datore di lavoro finalmente riconosciuta, la confisca dei beni aziendali, una maggiore tutela del lavoratore sfruttato denunciante. Si tratta senza dubbio di importanti passi in avanti, sebbene sappiamo bene non sufficienti. La legge è valida ma dovrà in primis entrare nel corpo vivo della società italiana, piegare i rapporti di forza ormai sistemi e globali tra capitale e lavoro a vantaggio di quest’ultimo, essere celere, efficiente ed efficace nella sua azione nei riguardi delle aziende che impiegano manodopera in modo irregolare. Manca di attenzione rispetto ad esempio alla filiera, ancora gravemente opaca e in alcuni casi realmente sporca e compromessa,non riforma in profondità il sistema dei controlli, è concentrata molto sugli aspetti repressivi e poco su quelli preventivi, non analizza e comprende misure di contrasto alla tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo se indicando la possibilità rifarsi ad un fondo anti-tratta però inadeguato a sostenere realmente quanti he avrebbero diritto.Questi sono solo alcuni punti critici di una legge che consente tuttavia fare de passi in avanti sostanziali.
Con Pina Sodano ha curato un saggio intitolato “Migranti e territori. Lavoro, diritti e accoglienza” (Ed. Ediesse). Quali sono i motivi che spingono le persone a emigrare e, in particolare, come si potrebbe declinare la politica dell’inclusione ?
I motivi sono diversi. Motivi “tradizionali” come le guerre, le carestie, le dittature, le crisi economiche, inducono ancora oggi milioni di persone a fuggire dai loro luoghi natali. A questi si aggiungono ragioni “nuove”, come i mutamenti climatici, la ridefinizione dei confini, la tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo, ad esempio. La combinazione di fattori endogeni, esogeni, economici, politici, ambientali e sociali genera la complessa ed articolata rete migratoria globale per come oggi la conosciamo, peraltro in continua evoluzione. E’ evidente che il diffondersi di nuovi conflitti, non sempre noti e raccontati in Occidente, determinano l’accelerazione del flusso migratorio soprattutto dei profughi, nei confronti dei quali i Paesi occidentali dovrebbero agire nel rispetto della normativa internazionale e dei diritti umani e questo spesso non avviene, determinano in capo ad essi una responsabilità storica ed etica immensa.
“La quinta mafia” è il titolo del suo ultimo testo, edito da Radici Future. L’indagine parte dall’area pontina per arrivare anche al Nord e fa emergere una collusione tra politica e mafie, anche sulla pelle degli immigrati. Perchè, appunto, “quinta mafia”? E c’è un legame tra caporalato e criminalità organizzata?
Quinta Mafia perché è da intendersi come altra organizzazione mafiosa dopo le quattro tradizionalmente conosciute (Mafia siciliana, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita). E’ però anche un’organizzazione sociale (e non solo criminale) che agisce nel pontino e non solo attraverso una consorteria criminale o direttorio in cui tutte le mafie intervengono quale camera di compensazione e gestione dei loro affari, ora gestiti insieme e non in competizione mediate ausilio di professionisti di varia natura e la collaborazione strumentale della criminalità comune e delle mafie straniere. Si tratta di una mafia relazione che agisce dente un network mafioso organizzato in cui si agisce attraverso accordi con parte del mondo della politica, dell’imprenditoria e delle professioni. La loro azione è capace di condizionare le scelte urbanistiche de comuni, gli appalti, il sistema dei rifiuti come anche il credito finanziario. La Quinta Mafia analizza questo nella sua prima parte e la processualità che generalmente le mafie mettono in campo quando vogliono entrare in un territorio nuovo. a questo si aggiungono fatti di cronaca criminale a sostegno della tesi accaduti nel pontino negli anni Ottanta, periodo emblematico per la conquista della provincia di Latina da parte di tutte le mafie tradizionale e la costituzione del primo direttorio intermafioso. Il libro è dunque una ricerca in parte sociologica e in parte cronologica dei fatti mafiosi pontini e può essere acquistato andando ad esempio sul sito www.tempi-moderni.net.
Il legame tra caporalato e mafie è organico, strutturato ed evidente. Il caporalato è un reato più che spia, possiamo definirlo un reato mafioso a tutti gli effetti, anche per le metodologie che i caporali adottano nei riguardi dei lavoratori, sia di reclutamento sia di impiego nelle campagne. E al caporalato si deve aggiungere la tratta internazionale a scopo di sfruttamento lavorativo che come In Migrazione (www.inmigrazione.it) abbiamo attentamente documentato con riferimento a quella punjabi (indiana). Si tratta di rapporti incestuosi interni ad un sistema di produzione agroindustriale su piccola e grande scala che determina, anche per via del ruolo fondamentale della Grande Distribuzione Organizzata e dei grandi mercati ortofrutticoli come quello vigente a Vittoria o a Fondi.