“Stay human. Africa”: una panoramica sull’Africa del 2016
di Veronica Tedeschi (con la vignetta de la Carruski)
L’Unione Africana ha dichiarato il 2016 anno dei diritti umani in Africa.
Art. 1 Dichiarazione universale dei Diritti umani: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”
Art. 3 Dichiarazione universale dei Diritti umani: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”
Art. 6 Dichiarazione universale dei Diritti Umani: “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica”
Ho voluto riportare 3 Articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, adottata nel 1948, perchè, a distanza di 68 anni, non vede ancora la sua più piena attuazione, specialmente in Africa. Questa dichiarazione nasce con l’intento di internazionalizzare i diritti per far sì che queste parole potessero arrivare anche nel paese più sperduto dell’Africa Centrale. Il rispetto va garantito a tutti, senza se e senza ma. Questo non è ancora accaduto, ad oggi in molti Stati del continente resistono conflitti e povertà. La presenza di Boko Haram in Nigeria, unitamente alle torture in Camerun e al tasso di persone sempre maggiore che scappa dal Sud Sudan sono aspetti che non possono non essere tenuti in considerazione quando si parla di Africa. Il 2016 potrebbe essere anno dei diritti umani, se quella decina di presidenti troppo attaccati alla poltrona che continuano a governare da generazioni non esistessero più. Come in Burundi, dove la terza rielezione di Nkurunziza ha portato a instabilità e violenze nel paese. Inoltre, in quest’ultimo stato, come in molti altri come Ruanda o Gambia, i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli oppositori al governo non hanno, da sempre, vita facile; questo porta ad una non trasparenza di ciò che accade nel paese e ad una sempre maggiore instabilità in cui i più deboli sono costretti a subire il peso delle violenze.
Primi su tutte bambini e donne che, oltre alle tradizioni culturali discriminatorie, non hanno facoltà di ribellione né peso sociale per essere presi in considerazione.
Fatta questa generale e non esaustiva panoramica, bisogna parallelamente tener conto dei tentativi di pace, delle fazioni di popolazione che continuano a ribellarsi, dei civili che in ogni Stato continuano ad opporsi alle violenze, o di chi non vuole abbandonare la propria casa e, dopo essere scappato, torna nel suo paese per combattere. Non dimentichiamo i giornalisti che rischiano la vita ogni giorno per fare chiarezza e portare alla luce ciò che i media non dicono. Non per ultime le associazioni che fanno cooperazione internazionale o che danno aiuti umanitari ogni giorno per sostenere i civili.
Conflitti ancora aperti in Africa oggi: Algeria, Ciad, Costa d’Avorio, Liberia, Libia, Mali, Niger, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Sahara Occidentale, Somalia, Sudan, Sud Sudan.
Per chi lotta contro le violenze, in qualsiasi parte del mondo si trovi.