“America latina: diritti negati”: Specie in pericolo
di Mayra Landaverde
La scorsa settimana, in alcune città dell’ America Latina, si sono svolte diverse manifestazioni contro la violenza di genere. Il collettivo Ni una menos ha invitato tutta la popolazione a protestare contro il femminicidio e altre forme di violenza machista. Questo collettivo conformato principalmente da giornaliste, attiviste e artiste argentine si è esteso a tutto il continente unendo le lotte delle donne contro il machismo. Ecco un estratto del documento letto alla manifestazione a Buenos Aires:
“Nel 2008 una donna è stata uccisa ogni 40 ore; nel 2014, ogni 30. In questi sette anni, i media
hanno pubblicato notizie su 1.808 femminicidi. Quante donne sono morte uccise
solo per essere donne nel 2015? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che dobbiamo
dire basta. In questi anni, il femminicidio ha lasciato quasi 1.500 ragazzi e ragazze orfani
e alcuni di loro sono costretti a vivere con gli assassini. Il problema è di
tutti e tutte. La soluzione deve essere costruita insieme. Abbiamo bisogno di
impegnarci per cambiare una cultura che tende a pensare alle donne come oggetti di
consumo e non come una persona autonoma.
Il Femminicidio è la forma più estrema di violenza e attraversa tutte le classi sociali
credenze e ideologie: Ma la parola “femminicidio” è anche una categoria politica,
è la parola che denuncia il modo in cui la società comincia a vedere naturale una cosa che non è:
la violenza di genere.
…E ‘che i diritti di alcune sono i diritti di tutti. La conservazione della vita e
le decisioni delle donne vuol dire aprire la libertà per tutte e per tutti. Bisogna trovare
nuovi modi di strategie di coesistenza. Non vogliamo più lacrime di dolore, vogliamo dei passi avanti per festeggiare.
Non vogliamo più femminicidi. Ci vogliamo vive. Tutte.”
Abbiamo tutti e tutte letto la terribile storia di Lucia Perez, adolescente argentina violentata e assassinata da tre uomini a Mar del Plata. Questo ennesimo attacco ha provocato la furia delle donne latine.
In Messico hanno ben accolto la campagna Ni una menos, anche perché non ci mancano esempi di machismo. Il mese scorso due attiviste transessuali, Paola e Alessa, sono state uccise a Città del Messico. In Ecatepec , cittadina confinante con la capitale, soltanto qualche giorno prima delle manifestazioni sono state uccise madre e figlia da alcuni sconosciuti.
In Cile, una donna mapuche è stata costretta a partorire ammanettata e circondata da poliziotti. Una bimba di 10 anni è stata bruciata viva, tagliata a pezzi e sepolta dal suo patrigno.
Non mancano gli esempi, dicevo.
Migliaia di donne e uomini di tutte le età sono usciti per le strade del nostro continente a manifestare .
Forse non è la prima volta che le donne ne parlano. Anzi, gridano. Manifestano, s’indignano. Pretendono giustizia. Ma saranno le prime volte che lo faremo ben coscienti di questa epidemia vergognosa che invade il continente. Perché siamo stanche di avere paura. Siamo stanche di essere una specie in pericolo.