“Stay human: Africa”: la piaga del bracconaggio
di Veronica Tedeschi
Il Continente nero presenta una varietà di specie animali invidiabile da tutti i continenti. La maggior parte degli esemplari in via di estinzione si trovano qui ma, nonostante questo, la vile corsa al denaro non si ferma.
Il bracconaggio, infatti, rappresenta una piaga che affligge l’Africa da tempo e che, negli ultimi anni si sta addirittura intensificando. Ci sono regioni più colpite da questo fenomeno, per la presenza, appunto, di un numero maggiore di animali rari o in via di estinzione; tra questi paesi troviamo Kenya, Sudafrica e Zimbabwe. Nel 1989 si concretizzò il divieto di commerciare avorio, imposto dalla Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie minacciate dall’estinzione (CITES). Molte attività vennero allora dismesse causando una picchiata nella domanda e di conseguenza anche dei prezzi delle zanne. La situazione proseguì migliorando, fino all’arrivo degli anni 2000 quando la crescita asiatica si fece risentire creando attività che si pensavano estinte.
Il tutto degenerò, nacquero gruppi di criminalità organizzata con lo scopo di creare nuovi canali di comunicazione per un sempre più crescente mercato nero. Fino ad arrivare ad oggi, dove i numeri sono diventati altissimi: da ogni parte dell’Africa australe giungono settimanalmente segnalazioni che evidenziano un aumento degli attacchi di cacciatori di frodo. A rimetterci sono, soprattutto, i rinoceronti, perseguitati per via del loro corno, molto ricercato in Cina e Vietnam per curare malattie come l’impotenza.
Seimila animali massacrati a colpi di fucili, solo nel 2015 sono stati 1338 gli esemplari uccisi. Lo Stato forse più colpito da questa situazione è il Kenya che, ad oggi, conserva gli ultimi tre esemplari di rinoceronti bianchi. Sudan, l’ultimo maschio, insieme a Nankjin e Fatu, le due femmine, che si contendono senza successo l’ultimo maschio rimasto. Infatti Sudan ha già 40 anni, ed è quindi molto anziano considerando l’età media di questi rinoceronti, 50 anni.
Negli ultimi anni gli scienziati hanno raccolto e congelato lo sperma dei maschi ancora in vita, compreso quello di Sudan ma purtroppo i tentativi di fecondazione artificiale non hanno, ad oggi, dato esito positivo. “Stiamo progettando di incrociare naturalmente le due femmine di rinoceronte bianco del nord con un maschio del sud, questo non porterebbe ad una progenie pura al 100% ma permetterebbe di conservare una parte del patrimonio genetico di questa specie” fa sapere Richard Vigne, amministratore delegato di Ol Pejeta, la riserva dove vivono questi esemplari.
A questi esemplari è stato tagliato il corno, per renderli meno “appetibili” agli occhi dei bracconieri ma anche questo non è servito; un semplice monchino vale molto denaro. I sorveglianti della riserva non possono permettersi la minima distrazione, i rinoceronti sono custoditi 24 ore su 24 e i ranger dormono a turno a pochi metri dagli animali. Inevitabile la nascita di un legame forte tra questi uomini e i rinoceronti che, si spera, proseguirà per ancora molti anni.