Il procuratore generale della Repubblica Araba d’Egitto, Nabil Ahmed Sadek sul caso Regeni
“Giulio era un portatore di pace e non chiuderò questa indagine finché non avrò arrestato chi lo ha ucciso”. Queste le parole del procuratore generale della Repubblica Araba d’Egitto, Nabil Ahmed Sadek, che nel pomeriggio del 6 dicembre scorso ha incontrato a Roma i genitori di Giulio Regeni, il ricercatore di Fiumicello ucciso al Cairo lo scorso gennaio. È durato 50 minuti l’incontro, presso la Scuola di polizia di via Guido Reni, tra Sadek e Claudio e Paola Regeni.
Il procuratore egiziano ha, inoltre, porto alla famiglia di Giulio le condoglianze delle istituzioni e del popolo egiziano. Erano presenti anche il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco, responsabili, in Italia, dell’inchiesta sulla morte di Giulio.
Il vertice tra le due procure è cominciato con una prima sessione di lavori incentrata sullo scambio di informazioni:“I magistrati della procura generale egiziana hanno consegnato tutta la documentazione richiesta dalla procura di Roma con la rogatoria del settembre scorso”, è quanto emerge da un comunicato congiunto emesso dalle due autorità giudiziarie.
Ad aprile la Farnesina aveva richiamato in Italia l’ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, in seguito al fallimento di un incontro tra le squadre investigative italiana ed egiziana sull’omicidio. Qualche settimana fa le autorità egiziane hanno restituito alla famiglia del ricercatore friulano i suoi documenti, ritrovati dopo la sua morte. Lo scorso ottobre, in un incontro con gli studenti universitari dell’università Luiss di Roma, il ministro degli Esteri italiano, ora Primo Ministro italiano, Paolo Gentiloni ha definito la vicenda Regeni come “una ferita ancora aperta”.