“VeneredIslam”: Road to Istanbul
di Monica Macchi
Presentato nella sezione Panorama della Berlinale, l’ultimo film di Rachid Bouchareb inizia con una sequenza potentissima in cui, senza parlare, un’adolescente mostra dei fogli alla webcam con cui annuncia la sua intenzione di andare in Siria per il jihad. Lei è Elodie, convertitasi di nascosto all’Islam che, dopo aver abbandonato la squadra di basket e poi il liceo, dice alla madre che va a dormire da un’amica per il fine-settimana…ed invece sparisce. E così la madre Elizabeth (una strepitosa Astrid Whettnall) scopre all’improvviso da una telefonata della polizia belga una figlia sconosciuta “aspirante foreign fighter euro-jihadista” che né il governo né la polizia vogliono o possono far tornare sulla base della strategia “go, fly and die”. Si ritrova a partecipare ad un seminario didattico per i genitori di figli fuggiti in Siria e a studiare il Corano: decide allora di partire per la Turchia per cercare di impedire a Elodie di entrare in Siria e sposarsi. Inizia una parte on the road tutta virata sui toni del grigio-blu che dal paesaggio rurale di Benoit Chamaillard, con laghetto, casa e gatto la catapulta fino ad Hatay, estrema propaggine della Turchia con la Siria appena oltre il confine. Suq affollati, lingua incomprensibile, sfiancanti (e inutili) tour negli internet point, tentativi di coinvolgere la polizia locale, tassisti che si rifiutano di accompagnarla, flussi di profughi, caos e violenza amplificano la presenza/assenza della figlia e il senso di impotenza della madre per non saper gestire una situazione che, del resto, sfugge quasi completamente al suo controllo. In particolare la scena in cui Elisabeth trattiene il respiro quasi paralizzata mentre aspetta un messaggio da Elodie esaspera il costante mix di frustrazione e rabbia fino al finale che sembra l’inizio di una nuova storia: colpita mentre stava entrando in Siria, Elodie è ricoverata in un ospedale di Istanbul e i suoi compagni sono tutti morti. Neppure il tempo di sollevare le lenzuola e scoprire le mutilazioni che la bomba ha lasciato sul corpo della figlia, che le arriva come una staffilata la richiesta estrema: Elodie la implora di aiutarla ad andare dalla sua nuova famiglia in Siria…e Elisabeth capisce di averla persa senza aver capito come e perché. E la forza del film sta proprio nel fatto che non indaga da un punto di vista socio-antropologico e/o politologico la conversione e la radicalizzazione ma indaga il fenomeno attualissimo dei foreign fighters dal punto di vista di una madre che vuole solo riavere la figlia come credeva di conoscere.