Il confine umano: vite in cerca di pace
Associazione per i Diritti umani è fiera di annunciare l’uscita nelle librerie del nuovo saggio di Patrizia Angelozzi, che collabora con l’associazione per la rubrica “Scritture al sociale”. Il libro si intitola Il confine umano – Vite in cerca di pace, Ianieri edizioni.
Abbiamo rivolto alcune domande a Patrizia Angelozzi. Per voi.
Come si è svolta la ricerca per la stesura di questo libro?
La mia ricerca è iniziata dentro i centri di accoglienza per migranti e rifugiati. Ho avuto la possibilità di incontrare persone provenienti da Paesi diversi e con motivazioni differenti tra loro. Un anno di lavoro, di incontri, di appunti di vite…
Un percorso intrapreso con attenzione verso persone che hanno scelto un po’ alla volta di raccontare, superando “ricordi” dolorosi e di nostalgia verso i loro cari, persone che non ci sono più ed altre rimaste che sperano in una vita possibile.
Oltre alle barriere fisiche, bisogna cercare di abbattere anche quelle mentali: in quali modi ciò sarebbe possibile?
E’ possibile attraverso la cultura dell’altro e la conoscenza. L’unico mezzo per comprendere è capire dove e quando un “confine” diventa il pregiudizio, quello del non sapere. Giudicare a prescindere, parlare di situazioni che non conosciamo da un punto di vista burocratico, legislativo, politico. Senza la ‘conoscenza’ non siamo in grado di superare nulla, neanche noi stessi negli obiettivi di tutti i giorni.
Alcuni dei temi – di stretta attualità – veicolati da questo lavoro sono: la condizione femminile in alcune culture, il sesso prima del matrimonio, la scelta di un migrante tra illegalità e legalità, il sogno di un futuro migliore, il valore della dignità.
Omar, Mohammed, Nassem e gli altri riportano esperienze di vita e aspettative: ci può anticipare qualche testimonianza con un suo commento?
Esperienze riportate attraverso un viaggio narrativo con dentro sette vite, sette storie, sette uomini. Tutti in cerca di pace, con la speranza di fuggire da conflitti, dalle persecuzioni. Di poter aprire gli occhi al mattino e non dover ‘controllare’ che in casa siano ancora vivi o non dover assistere ad uccisioni e far finta di essere d’accordo, applaudendo in piazza..
“What can I do?” è la domanda che fin da bambino, si è chiesto uno di loro, scegliendo a soli quindici di andare via, come potrebbe fare un adulto.
Cosa chiedono queste persone all’Europa “unita”?
Loro chiedono di esistere, di poter vivere. Di essere utili agli altri, a se stessi, a noi. Comprendono le ‘distanze’ create dal terrorismo in giro per il mondo e si dissociano, perché Islam, vuol dire Pace.
Si parla di “confine umano”: proprio dal punto di vista umano, cosa ha lasciato in lei, l’incontro con le persone che ha conosciuto?
Porto con me la ricchezza degli incontri, degli sguardi pieni di ricordi e di speranze per il futuro. Il significato profondo del concetto di ‘pace’ spesso sottovalutato. Durante questa esperienza ho raccontato ai miei figli cosa stavo imparando. E per tutto questo lavoro, racchiuso in un libro, devo un grande ringraziamento al Consorzio Matrix, che lavora ed opera applicando protocolli e linee guida nel rispetto della dignità degli ‘ospiti’ e che vede il supporto di grandi professionisti, capaci e ‘umani’. Perché il tecnicismo è nulla senza la parte umana.