“Stay human: Africa”: La storia della Venere Ottentotta
di Veronica Tedeschi
Oggi vi racconto una storia di circa 200 anni fa: la vicenda della Venere Ottentotta.
Voliamo nel 1810 per ripercorrere una storia che arriva fino ai nostri giorni, quella di Saartjie Baartman, poi rinominata Venere degli ottentotti.
Saartjie (piccola Sarah) era una donna Khoisan nata nell’odierno Sudafrica che, rimasta orfana fin da piccola, fu subito assegnata come schiava ad una famiglia di Città del Capo.
Questi erano gli anni dei freak shows (show dei mostri), in cui venivano esposti personaggi affetti da malattie particolari o coppie di siamesi o, ancora, africani.
Nel 1810 Saartjie fu venduta dal suo proprietario e finì in Inghilterra dove venne esposta in una gabbia come una bestia feroce, canzonata dal pubblico e osservata, in ogni sua parte.
Fu esposta nuda visto il suo fisico insolito che provocò un interesse morboso negli spettatori: Saartjie aveva delle grandi natiche – inusuali per il fisico di una donna europea – e le labbra della sua vagina sporgevano oltre otto centimetri. Inutile dire che il proprietario della donna guadagnò bene su di lei.
Finalmente arrivarono gli anni dell’abolizione della schiavitù e le sue esibizioni iniziarono a provocare scalpore. Cominciarono gli scandali e la donna finì davanti ad una corte per stabilire se i suoi comportamenti fossero volontari o obbligati.
La sua carriera inglese terminò dopo un paio d’anni poiché fu venduta ad un francese che la espose in modo ancora più duro rispetto al suo precedente proprietario. Sartjiee si ritrovò a ballare nuda nelle strade parigine, piena di alcool e di sifilide.
Fu definita un essere a mezza strada tra uomo e animale, una scimmia con segni mestruali.
La sua figura fu poi spiegata come quella di una femmina autoctona, rappresentazione del continente femminile che doveva essere domato e sottomesso – una rappresentazione che in qualche raro caso ritroviamo ancora oggi.
La Venere morì il capodanno del 1816 esule e disperata a soli 25 anni.
Sul suo corpo furono condotte autopsie, furono asportati dal suo cadavere apparato riproduttivo e cervello per essere immersi nella formalina.
Queste parti furono esposte, sino al 1974, al Musée de l’Homme di Parigi. Vent’anni dopo il Sudafrica ne pretese la restituzione, quei resti rappresentavano un’offesa razzista per ogni africano. La lotta fra sudafricani e francesi fu dura ma vinsero i primi; i resti di Saartjie furono spediti da Parigi a Città del Capo per essere sepolti nella terra dei suoi avi, 186 anni dopo la sua morte.
La storia di Saartjie ha ispirato poi cinema e letteratura, su di lei il film uscito nel 2010 intitolato “Venere nera”.
Una storia forte, che ci sembra impossibile oggi, una vicenda tragica che rappresenta l’approccio tra due mondi diversi, un incontro tra culture faticoso e per nulla equilibrato. Saartjie sarà per sempre ricordata come una venere, nonostante le uniche immagini di lei rimaste oggi sono rappresentazioni tristi, una donna nuda e triste che ci ricorda la sofferenza che ha dovuto subire e che l’ha fatta morire a soli 25 anni.
Povera creatura.
Il Problema sono gli ‘Umanoidi’, cosiddetti Sapiens, o uomini moderni, o civili …
Purtroppo, travestiti, ne rimangono oggi moltissimi esemplari, e continuano/continueranno a commettere abomini, di varia natura.
No, non arrivo a dire che li odio; solo che mi fanno schifo.
Questa creatura ha subito un martirio terribile; non trovo un termine adeguato al suo martirio. Penso che la responsabilità debba ricadere non tanto sul “padrone” che l’ha comprata e venduta quanto sulla morbosa curiosità che affligge l’umanità.
Mi pento di aver violato l’intimità di questa creatura con un mio breve sguardo, anche se involontario.