Nome in codice: CAESAR. Detenuti siriani vittime di tortura
Dopo il Maxxi di Roma è arrivata anche a Milano l’esposizione sconvolgente sulle vittime di tortura in Siria. Si intitola “Nome in codice: CAESAR. Detenuti siriani vittime di tortura” ed è possibile visitarla fino a domani – presso l’Ex Fornace, Alzaia Naviglio Pavese, 16.
La mostra è una selezione di 30 fotografie scattate da “Caesar”, pseudonimo che protegge l’identità di un ex fotografo della polizia militare del regime siriano, il cui incarico, dal 2011, era di fotografare i corpi delle persone morte nei centri di tortura di Damasco. Dal maggio 2011 all’agosto 2013, Caesar ha fatto copie delle 53.275 immagini su chiavette USB, e poi ha disertato, portando con sé in Occidente quelle fotografie. Si tratta di migliaia di siriani morti sotto tortura in Siria.
Human Rights Watch, nel suo rapporto in merito a tale materiale, si concentra su 28.707 fotografie, che raccontano la storia delle torture subite da 6.786 detenuti poi morti, le restanti fotografie mostrano invece corpi di soldati governativi, di combatte ti ribelli, o di civili morti per esplosione.
Le fotografie sono state attentamente visionate e verificate da una squadra di esperti e inquirenti indipendenti. Il dossier è stato affidato a uno studio legale londinese, che ha avuto l’incarico di effettuare una perizia sulle fotografie e verificare l’attendibilità della fonte.
La mostra è promossa da Amnesty International, FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana), FOCSIV (Federazione Organismi Cristiani di Servizio Internazionale Volontario), Unimed (Unione delle Università del Mediterraneo), Un ponte per… e Articolo 21.