Barbara Spinelli ha inviato una lettera cofirmata da 102 intellettuali e deputati europei per chiedere all’UE l’istituzione di un fondo di sostegno agli accademici licenziati in Turchia
Barbara Spinelli ha inviato una lettera cofirmata da 102 intellettuali e deputati europei al Commissario europeo per l’Istruzione, la cultura, i giovani e lo sport Tibor Navracsics e all’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza / vicepresidente della Commissione europea Federica Mogherini. Nella lettera si esprime preoccupazione per le recenti epurazioni che hanno colpito 4.464 dipendenti pubblici, tra cui 330 studiosi e docenti universitari: una situazione che mette a repentaglio la reputazione internazionale delle istituzioni educative turche, macchiando ulteriormente la storia politica della Turchia.
I firmatari chiedono all’Unione europea – in osservanza dello spirito che ha portato il Consiglio dell’UE e il Parlamento europeo ad accordarsi su una decisione che istituisce un “Anno europeo del patrimonio culturale” per il 2018 – la creazione di un fondo permanente per preservare la vita intellettuale e culturale turca, attraverso un sostegno agli accademici e ai giornalisti che hanno perso il lavoro a causa delle politiche repressive del Presidente Recep Tayyip Erdoğan e la promozione di iniziative incentrate sui programmi di ricerca dei docenti universitari operanti in Turchia.
Federica Mogherini
Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza/Vicepresidente della Commissione europea
Tibor Navracsics
Commissario europeo per l’Istruzione, la cultura, i giovani e lo sport
Bruxelles, 15 febbraio 2017
Gentile AR/VP Mogherini,
Gentile Commissario Navracsics,
la settimana scorsa, il Presidente Recep Tayyip Erdoğan ha espulso dal loro lavoro migliaia di dipendenti pubblici, tra cui numerosi docenti universitari: una situazione che mette a repentaglio la reputazione internazionale delle istituzioni educative turche, macchiando ulteriormente la storia politica della Turchia.
Martedì 8 febbraio, dopo la proroga dello stato d’emergenza, un’ondata di epurazioni ha colpito 4.464 lavoratori del pubblico impiego, dopo che la lista dei loro nomi era stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio. Come risultato di quest’ultimo decreto, 330 accademici sono stati rimossi dalle cariche che ricoprivano, minando così la loro possibilità di sostentamento, il loro godimento dei diritti del lavoro e la loro libertà di espressione politica. Tali misure ingiustificabili e draconiane hanno suscitato immediate e aspre critiche da parte dal partito di opposizione e di un gran numero di studiosi turchi e internazionali, che le hanno inequivocabilmente condannate come forma di aperta censura, deplorando gli effetti che avranno sulle istituzioni educative dell’intera Turchia.
Dei 330 accademici sommariamente rimossi dalle loro posizioni, 184 erano firmatari dell’appello “Non saremo parte di questo crimine!”, che chiedeva la fine delle operazioni militari nella regione curda della Turchia. Tra questi studiosi vi è Ibrahim Kaboglu, dell’Università di Marmara, un eminente professore di diritto costituzionale, già presidente del Consiglio consultivo turco per i diritti umani. Kaboglu ha ripetutamente criticato il pacchetto di emendamenti di modifica della Carta costituzionale, sostenendo che la Costituzione non può essere cambiata durante lo stato di emergenza. Egli è, secondo il giornalista Yavuz Baydar, «uno dei portabandiera di coloro che, contro ogni previsione, difendono il valore dello stato di diritto […] Kaboglu si è impegnato per anni in modo disinteressato per un ordine democratico».
Tra i 330 accademici colpiti dalle misure governative, anche due professori emeriti sono stati sollevati dalle loro posizioni: Oget Oktem Tanor, docente ottantaduenne, fondatrice del primo laboratorio di neuropsicologia in Turchia, e Ahmet Hasim Kose, noto professore di economia. Si tratta di accademici che godono del più ampio rispetto in Turchia, conosciuti e stimati in tutto il mondo.
Il decreto prende di mira alcune tra le migliori università del Paese, come la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Ankara (SFB), un’istituzione paragonabile alla francese Sciences-Po. Il 10 febbraio, studenti, accademici e deputati dell’opposizione hanno protestato nella capitale Ankara e a Istanbul. In alcuni casi, gli accademici hanno posato a terra le loro toghe, in segno di protesta contro i blocchi di polizia che impedivano l’ingresso nelle università. Le fotografie che ritraevano gli agenti delle forze dell’ordine calpestare le toghe hanno sollevato un’aperta condanna nei social media. Gli studenti e i professori che hanno protestato nel campus dell’SFB sono stati brutalmente caricati dalla polizia, che ha fatto uso di proiettili di gomma e cani poliziotto per sgomberare i manifestanti. La brutalità dell’epurazione di martedì scorso è stata tale che persino ambienti filo-governativi hanno espresso preoccupazione per le reazioni inorridite suscitate nei media.
Il 9 febbraio 2017, rappresentanti del Consiglio dell’Unione europea e del Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio su una decisione che istituisce un Anno europeo del patrimonio culturale per il 2018. L’8 giugno 2016, la Commissione ha affermato che lo scambio culturale e le istituzioni culturali saranno chiamati a svolgere un ruolo cruciale nel rafforzare i partenariati internazionali. Nelle parole dell’Alto Rappresentante dell’UE e vicepresidente Federica Mogherini, «la cultura è un potente strumento per costruire ponti tra le persone, in particolare tra i giovani, e rafforzare la comprensione reciproca. […] Di fronte a sfide comuni, la cultura può aiutare tutti noi, in Europa, Africa, Medio Oriente e Asia, a rimanere uniti per combattere la radicalizzazione e instaurare un’alleanza delle civiltà contro chi tenta di dividerci». Analogamente, il Commissario europeo per l’istruzione, la cultura, i giovani e lo sport, Tibor Navracsics, ha affermato: «La cultura è il tesoro nascosto della nostra politica estera. Essa contribuisce a promuovere il dialogo e la comprensione reciproca».
In considerazione della gravità e dell’urgenza della situazione in Turchia e dell’enorme numero di studiosi e operatori culturali improvvisamente e ingiustificabilmente privati delle proprie posizioni, chiediamo all’Unione europea di creare un fondo permanente, con sede a Bruxelles, in accordo con la sua dichiarata strategia circa il ruolo centrale della cultura. Tale fondo dovrebbe avere l’obiettivo prioritario di preservare la vita intellettuale e culturale turca, con particolare attenzione al diritto alla libertà di espressione e di informazione e al diritto di avere diritti. Il fondo potrebbe essere amministrato da un piccolo comitato con l’obiettivo di aiutare gli accademici e i giornalisti che hanno perso il lavoro a causa delle politiche repressive di Erdogan e di promuovere iniziative incentrate sui programmi di ricerca dei docenti universitari operanti in Turchia.
Ci aspettiamo che l’Unione europea e le sue istituzioni si ergano in difesa della libertà culturale, del pensiero e della creatività, e che si oppongano alla distruzione dei diritti fondamentali, che tengono in vita le nostre istituzioni educative e culturali. Il fondo può simbolicamente salvare l’onore d’Europa, dimostrando che l’Unione non resta indifferente quando la vita culturale dei suoi partner viene distrutta, e potrebbe fornire agli accademici turchi l’opportunità urgente e preziosa di avere accesso a risorse che renderanno loro possibile continuare a lavorare in condizioni protette. Come ha scritto Aristotele, la virtù (e la dignità) richiede un minimo di benessere.
Barbara Spinelli, Member of the European Parliament, GUE-NGL group
Céline Spector, Professeur des Universités UFR de philosophie, Université Paris-Sorbonne,
Jeanne Simon, Associate Professor, Universidad de Concepción, Chile
Albena Azmanova, Associate Professor of Politics, University of Kent
Arien Mack, Alfred and Monette Marrow Professor of Psychology Editor, Social Research: An International Quarterly, Director, Center for Public Scholarship, Director, Journal Donation Project
André Tosel, Professeur émerite de Philosophie, Université de Nice
Bruce Robbins, Old Dominion Foundation Professor in the Humanities, Columbia University
Hamit Bozarslan, École des hautes études en sciences sociales (EHESS), Paris
Lynne Segal, Anniversary Professor, Psychosocial Studies, Birkbeck College, University of London
Thomas Berns, Professeur de philosophie à l’Université Libre de Bruxelles
Cécile Lavergne, Doctor in philosophy, Paris Ouest Nanterre University
Alexis Cukier, Paris Ouest Nanterre University, Collège International de Philosophie
Xavier Papaïs, University of Geneva, Collège International de Philosophie
Ilaria Possenti, Tenure-track Assistant Professor (RTD B) in Political Philosophy, Department of Human Sciences, University of Verona, Italy.
Eric Fassin, Professor of sociology, Paris-8 University
Michael Löwy, Directeur de recherches émérite au CNRS
Seyla Benhabib, Eugene Meyer Professor for Political Science and Philosophy, Yale University, Diane Middlebrook and Carl Djerassi, Visiting Professor Center for Gender Studies, Cambridge University
Nancy Fraser, Vice-President and President Elect, American Philosophical Association, Eastern Division Henry A. and Louise Loeb Professor of Philosophy and Politics, New School for Social Research
J.M. Bernstein, University Distinguished Professor of Philosophy, New School for Social Research
Susan Buck-Morss, Professor of Political Science at the CUNY Graduate Center, Professor emeritus at Cornell University
Claude Calame, Directeur d’études. Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS), Paris, LDH, Ensemble!
Judith Butler, Maxine Elliot Professor of Comparative Literature, University of California, Berkeley, Hannah Arendt Professor, European Graduate School, Switzerland