Il percorso di superamento dei campi rom deciso dal Comune di Roma
Presentato il percorso di superamento dei campi rom del Comune di Roma. Associazione 21 luglio: «Programma improvvisato, lesivo dei diritti umani e costoso. Chiediamo immediato cambio di rotta».
Nel programma elettorale della sindaca Virginia Raggi era scritto: “Per ciò che concerne la gestione dei campi Rom, saranno attuate le misure già previste dalla Comunità Europea, come recepite dal Governo, relativamente al progressivo superamento dei campi stessi”. Oggi, a 9 mesi dall’insediamento, la Giunta Raggi sembra invece andare in una direzione opposta a quella prevista dalla Strategia Nazionale per l’Inclusione dei rom redatta dal Governo italiano in attuazione della Comunicazione della Commissione Europea n. 173/2011.
Dopo la Memoria di Giunta del 21 novembre scorso che fissa il cronoprogramma delle azioni, la Delibera della Giunta Capitolina del 16 dicembre che istituisce il “Tavolo cittadino per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e caminanti”, la prima convocazione del Tavolo istituzionale con l’approvazione di una bozza semi-definitiva del “Piano di Roma Capitale per l’Inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti”, è stato possibile entrare nel dettaglio del percorso previsto dal Comune di Roma visionando la documentazione depositata dall’Avvocatura Capitolina costituitasi in un procedimento pendente dinanzi al Tribunale Civile di Roma.
Tale percorso, rivolto esclusivamente ai circa 4.500 rom presenti negli insediamenti formali, e quindi dimentico dei restanti 3.000 presenti in quelli informali e tollerati, prevede tre tappe: espulsione dai “campi” dei soggetti privi di regolare documentazione, valutazione dei bisogni sociali e inserimento in strutture intermedie per l’accoglienza. Nella bozza semi-definitiva del “Piano” uscita il 31 gennaio 2017 dal Tavolo istituzionale si scende nei dettagli del percorso: viene prevista la chiusura dei servizi sociali e la sospensione, negli insediamenti dove è presente il servizio pubblico, dell’accompagnamento scolastico; tra i nuclei famigliari verranno considerati beneficiari solo quelli con residenza anagrafica e disponibili alla partecipazione a piani individualizzati di inclusione sociale subordinandoli all’adempimento degli obblighi scolastici; non viene prevista nessuna azione per regolarizzare la posizione degli “apolidi di fatto”.
Un passaggio-chiave del percorso riguarda le “strutture intermedie”. Per avviarne la realizzazione il Comune di Roma ha sbloccato nei giorni scorsi la procedura per realizzare un nuovo “campo” nel Municipio XV (o Municipi limitrofi). Un insediamento che costerà alle casse comunali più di 1,5 milioni di euro e che, per costi e caratteristiche di gestione, assomiglierà molto ai “villaggi attrezzati” voluti dall’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno, dove, a fronte di una presunta temporaneità, la spesa per l’inclusione sociale è quasi nulla e quindi sono azzerate le possibilità di superamento.
Associazione 21 luglio ha analizzato il percorso introdotto dal Comune di Roma individuando nello stesso l’assenza dei principi cardine della Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom, la mancanza di processi consultivi, la nascita di un nuovo perverso “sistema assistenziale per soli rom”, l’assenza di strumenti abitativi alternativi così come la mancanza di finanziamenti certi.
«Le conseguenze? – si chiede Associazione 21 luglio. Nell’immediato la spesa di 1,5 milioni di euro per realizzare un nuovo “campo rom”. Il percorso è fondato sul principio del merito e non del bisogno per cui vedremo avviarsi un pericoloso processo di scrematura del quale beneficeranno non più di 1.500 rom. Gli altri 6.000 (quelli presenti negli insediamenti formali e informali) resteranno per strada con un evidente moltiplicarsi delle baraccopoli e del ciclo delle occupazioni».
«In realtà – continua Associazione 21 luglio – se il Comune di Roma intende adeguarsi a quanto previsto dall’Europa, così come promesso in campagna elettorale dalla sindaca Virginia Raggi, la Strategia Nazionale redatta dal Governo italiano e non da associazioni per i diritti umani, parla chiaro. Spetta ai Comuni – sostiene la Strategia – valutare un ampio spettro di opzioni abitative quali: edilizia sociale in abitazioni ordinarie pubbliche, sostegno all’acquisto di abitazioni ordinarie private, sostegno all’affitto di abitazioni ordinarie private, autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale, affitto di casolari e cascine di proprietà pubblica in disuso».
Alla luce delle criticità rilevate, Associazione 21 luglio chiede alla Giunta Raggi una rapida marcia indietro e lo fa attraverso tre specifiche richieste: la sospensione di ogni azione così come prevista dal percorso di superamento dei campi rom; la presa di contatto con la Regione Lazio per ripartire, così come previsto dagli schemi di governance riportati nella Strategia, da quanto emerso negli incontri del Tavolo Regionale che nei mesi scorsi hanno visto la partecipazione di comunità rom e associazioni; l’approvazione della Delibera di iniziativa popolare per il superamento dei campi sottoscritta da 6.000 cittadini romani e presentata dalle 9 organizzazioni del Comitato Accogliamoci che il 30 marzo prossimo verrà discussa nell’Assemblea Capitolina. La Delibera, il cui testo era stato fatto proprio anche dall’allora consigliera comunale Virginia Raggi, potrebbe rappresentare un punto di svolta ma anche un momento di verità in cui comprendere fino a dove il Comune di Roma vuole realmente spingersi per superare la vergogna delle baraccopoli nelle periferie romane o se tale impegno resta un proposito privo di qualsiasi concretezza.