Il cliente: Iran, società e l’Oscar
Sul nuovo film, intitolato “Il cliente” (in italiano) di Ashgar Faradhi, autore iraniano tra i più apprezzati nel mondo già presente all’ultimo Festival di Cannes, Associazione per i Diritti umani ha intervistato l’attore e cineasta Babak Karimi.
Iniziamo a parlare dei giovani iraniani…
In questo momento il 70% della popolazione iraniana ha un’età al di sotto dei 40 anni, mentre le persone della classe dirigente sono intorno ai 60 e sono ancora le persone che hanno preso parte alla Rivoluzione, per cui ci sono vent’anni di differenza tra queste generazioni e il problema è che i giovani sono figli dei loro tempi: sono figli di Internet, della cultura globale e non sono lo sviluppo di quello che erano i padri.
L’Iran è un Paese giovane, pieno di fermento in tutti i settori e, spesso, di grande talento. A differenza dell’Europa, che è un continente vecchio, in cui non succede nulla, in cui si guarda sempre al Passato, qui sento molta più energia perchè si vive solo per il Futuro.
Nel film è presente una commistione tra Cinema e Teatro: qual è la differenza tra i personaggi del film e quelli sulla scena teatrale?
In una società come la nostra – che è un po’ come l’Italia degli anni ’50 – esiste il concetto per cui una cosa è quello che sei e un’altra è quella che appari agli altri: c’è ancora la paura del giudizio che pesa sulla vita di un individuo, quindi è una continua recita, anche pubblica.
Perchè è stata scelta la pìece di Arthur Miller come riferimento?
Questo testo rappresenta l’Iran di oggi, la classe media circondata da un benessere che vuole, che lavora, ma che viene schiacciata da questo stesso desiderio di benessere.
Tra i tanti argomenti veicolati dal film ci sono il Perdono e la Vendetta. La donna, in un primo momento, sarebbe anche disposta a perdonare, mentre il marito è più incline alla vendetta anche se è un uomo perbene: si può farne un discorso di genere?
In effetti, un piede rimane sempre nella società tradizionale e non mi stanco di paragonare l’Iran all’Italia: fino a qualche tempo fa, in Italia, esisteva il delitto d’onore per cui l’onore maschile aveva un suo diritto anche legale.
Questo concetto fa parte ancora del DNA maschile anche in Iran, ma allo stesso tempo, la donna non è più un oggetto e la lotta diventa quella tra l’istinto e la ragione e l’istinto – quando ti provoca – riesce spesso, aihmè, ad avere la meglio.
All’inizio del film – quando in classe viene proiettato il film “The cow” di Mehrjui, un allievo dice: “Ma come si fa a diventare una bestia” e il maestro risponde: “Un po’ alla volta”. Anche il protagonista, passo dopo passo, cade nel tranello e sì può essere una prerogativa più maschile.
Faradhi è riuscito a rendere molto bene anche la suspance…
Un conto è la storia che hai e un altro è come la racconti. Faradhi ha studiato molto i classici, è un bravo drammaturgo e ha anche il senso del peso delle parole, sa lavorare con i non-detti, trattando argomenti molto seri.
Spesso i film iraniani iniziano, ad esempio, con due persone che camminano per strada e parlano di un argomento di cui lo spettatore non sa nulla e solo dopo mezz’ora accade qualcosa che lo coinvolge; ne Il cliente ,invece, i personaggi dicono solo ciò che è necessario e poi tutto viene spiegato. Lo stile di Farhadi è molto secco, diretto; la sua è una scrittura molto moderna.
Come commenta il Premio Oscar al Miglior film straniero?
Non ce lo aspettavamo per questo film perchè la concorrenza era molto alta. In Occidente, nei Paesi in cui il rapporto con la morale è un problema, il film funziona bene (Stati Uniti e Italia, ad esempio); invece, in Francia, non è così. A differenza de La separazione questo non è un film che accontenta tutti perchè dipende dalla situazione culturale e sociale del Paese in cui viene proposto.
Trump è entrato in campo quando i cinque film presentati per gli Oscar erano già stati selezionati, per cui il Premio può essere letto anche come “voto politico”, ma fino a un certo punto.