La quantità precisa di bambini non registrati in tutto il mondo è sconosciuta ma corrisponde a milioni, i quali non vengono considerati nelle statistiche o, in generale, nei ragionamenti e le analisi più concrete, quelle fondate sui numeri.
Leggi pure come un criterio di realtà in meno nella guerra contro i venditori di pre e post menzogne.
Ora, tramite la campagna All Children Count (Tutti i bambini contano), più di 250 ONG hanno invitato l’ONU a includere le infanzie dimenticate nella propria mappa statistica.
I bambini di serie aliena, la prole degli esclusi dalla tavola imbandita, i figli del famigerato mondo di troppo, il quale, come di recente le stesse Organizzazioni Non Governative, viene abitualmente assimilato nell’informe e comodo bersaglio quotidiano dal carnefice da poltrona con il dito rapido quanto leggero…
Il mio nome è nessuno.
Il mio nome è nessuno e per quanto l’ingegno possa risultar multiforme, ciò non mi salverà dal ciclope del terzo millennio.
Dacca, capitale del Bangladesh, un depuratore di fognature al lavoro in una multinazionale Foto: Zakir Chowdhury/Barcroft Images |
Il mio nome è nessuno e niente è il mio lavoro.
Ovvero, scendere lì, dove nessuno va, proprio io, esatto, a permettere che lo schizofrenico mostro bifronte, psicotica multinazionale da un lato, bene imprescindibile da consumare, e da cui farsi consumare, dall’altro, possa proseguire il proprio perverso cammino su questa terra.
Nessuno è il mio nome, quindi, ma oggi è il mio giorno fortunato.
Perché nel buio di un destino gramo non ho mai smesso di aver fiducia nelle mie mani, perfino laddove l’unico scopo era quello di spalare melma dalle vene di un mostro, già.
E alla fine ho trovato una magia.
Una sola e mi basta.
Anche solo per un istante.
Il mio nome era ed è nessuno, ma per pochi secondi è diventato qualcuno.
Grazie a un sogno, perché serrare le palpebre e riuscire a immaginare un presente differente al punto da crederci, con il fango sino al collo, è roba da pazzi, prestigiatori particolarmente ostinati o ingenui raccontatori di storie.
E per un fuggevole attimo il miracolo si è compiuto, poiché in quel medesimo frammento di tempo disumano sono stato tutti e tre.
Ho avuto potere.
Potere che nessuno ha, per una volta nelle mani di qualcuno.
Quello di cambiare il peso delle cose.
Fino a capovolgerlo, se la voglia è tanta.
Be’, qui di voglia ne abbiamo da regalare all’universo intero, sai?
Allora, ecco il portento a occhi aperti.
Guarda con me le dita.
Osserva attentamente i polpastrelli che, sin dal giorno in cui gli fu donata una tastiera e tempo da gettare, saltellano sulle lettere come moscerini in preda al panico irretiti da una mosca in vena di burle travestita da ragno famelico.
E immagina che, invece di esser agevolati dall’ottusa levità e dall’ignoranza più assoluta, si trovino esattamente nella condizione opposta.
Al punto che ciascuna delle logorroiche dieci dita, le quali formano le mani vomitatrici di deliri puntualmente rimangiabili, si ritrovino all’improvviso, tutte, con l’ingombrante peso della conoscenza.
Delle cose di cui si parla e straparla.
Sapendo davvero, letteralmente, cosa voglia dire essere un immigrato clandestino o un profugo di guerra, un perseguitato per diritti civili o un rifugiato per motivi politici, una creatura in fuga dalla fame o solo da un destino senza destino.
Fallo con me.
E, come è giusto che sia, sulle pagine e le bacheche perennemente affollate vedrai ciò che conosco meglio.
Un dignitoso niente e un rispettoso silenzio.