Una sentenza per ricchi…
di Patrizia Angelozzi
Ad esprimersi è un uomo, S.M.che dice:
“Quando io e la mia ex moglie ci siamo separati, abbiamo sempre anteposto il benessere del figlio a qualsiasi nostra debolezza o rancore (che col tempo in genere decresce fino a sparire). Non ho mai fatto mancare né a lei né al figlio pane e companatico, anche se lei lavorava. Il ragionamento era semplicissimo: se lei vivrà nell’abbondanza, sarà lo stesso anche per il ragazzo. E il figliolo ho sempre potuto incontrarlo quando volevo, sentenze o non sentenze. Naturalmente, tutto ciò si deve anche alla intelligenza di questa donna. Non a caso oggi, pur vivendo ognuno la propria vita, i rapporti sono ottimi, addirittura affettuosi. Mio figlio ci scherza sopra: “Ho una strana famiglia. Siete separati ma quando si tratta di rimproverarmi andate perfettamente d’accordo!”. Oppure: “Ho visto che quando mamma ha qualche problema serio non si rivolge al suo compagno ma a te”. Se non si è proprio delle canaglie, vi sono dei legami che non si possono sciogliere”.
Ciò che emerge da queste parole, è il buon senso e la sana affettività, di chi non ha usato stratagemmi ‘contro l’altro’.
Sono tante le vicende che negli anni hanno suscitato polemiche, soprattutto quando i protagonisti, fanno parte di jet-set e mondanità.
Ci sono uomini che prima di una separazione, si disfano di ogni proprietà, immobili, conti correnti, automobili, barche, etc.., lasciando in povertà la famiglia che avevano scelto.
Altri ancora, pur sostenendo un tenore di vita ‘ALTO’, trovano soluzioni veloci per evitare mantenimenti, e non solo.
Poi ci sono al contrario in storie di ordinaria amministrazione, dove il mantenimento ha perfino ridotto in povertà chi provvedeva all’ex coniuge con cifre sovrastimate.
In entrambi i casi, non c’è equità o una valutazione attenta.
I tribunali tanto oberati di lavoro, difficilmente acconsentono ad accertamenti attraverso la Guardia di finanza per verificare situazioni patrimoniali, tenori di vita, i conti all’estero ed evasione fiscale.
Così come ci sono donne, che avevano concordato con il proprio compagno la rinuncia al lavoro, in favore della famiglia..o abbandonate dal coniuge, che si dedicano alla cura dei figli in modo completo e costante e che pur cercando un lavoro, raramente lo trovano.
Poi ci sono le madri di figli disabili, che hanno la percentuale più alta di abbandono da parte del coniuge, uomini che non riuscendo a vivere situazioni che richiedono impegno, cura e l’affrontare problematiche, scappano..
Molte di loro vivono di sussidi, in case popolari o presso parenti, dedicando la loro vita a questi figli speciali, senza sapere cos’è un momento di svago, il cinema,una chiacchierata tra amici.
In questa ‘grande crisi’ occupazionale, la possibilità di collocarsi diventa ‘vincere alla lotteria’, senza dimenticare il ‘diritto di ricatto’ esercitato da uomini, che sebbene benestanti, contrattano la vita delle ex mogli e dei figli attraverso restrizioni economiche. Sono tanti, ugualmente condannabili di perscuzione, nella loro espressione di potere che somiglia ad una delle tante ‘violenze sulle donne’. Andrebbe fatta una disamina, attenta a seconda dei casi.
COSA DICE LA SENTENZA
E’ la Suprema Corte a stabilire nuove linee guide che stanno a significare un precedente importante fruibile nelle future decisioni e dice così:
“’inversione di rotta consiste nell’affermare che la donna giovane, in grado di lavorare e, quindi, di reperire con la propria attività quel reddito necessario a mantenere lo stesso tenore di vita di cui godeva durante il matrimonio, non ha diritto ad alcun mantenimento. E ciò anche se, durante l’unione, svolgeva mansioni di casalinga”.
Trovo giusto che una donna, SE ancora giovane e abile al lavoro sia responsabile della sua autonomia economica senza ‘cullarsi’ nel mantenimento, ma per applicare i ‘criteri dI questa sentenza’, spero sia previsto un ‘protocollo’ che comprenda lo studio di ogni singolo caso con attenzione. Spesso la burocrazia asettica è troppo lontana dalla vita reale.