“LibriLiberi”: Purgatorio, il viaggio doloroso di un amore, prima e dopo una dittatura
Emilia ha una sessantina d’anni; in un locale di una città del New Jersey sente la voce di suo marito. L’uomo è in compagnia di altri uomini, è giovane e indossa ancora gli abiti di tren’anni prima. Che strano.
Emilia Dupuy e suo marito, Simòn Cardoso, di professione cartografi, si incontrano, si amano e si sposano, nell’Argentina degli anni ’70. Solo dopo pochi mesi dalle nozze Simòn, nell’inverno del 1976, viene arrestato dalla giunta militare e diventa un desaparecido. La moglie lo cerca in tutto il mondo, seguendo le tracce (spesso false) che, di volta in volta, le vengono date, segnando i territori sulle mappe e immaginando che da quel puntino grafico riemerga il suo amore. Quando, dopo tre decenni, Emilia sente la voce del marito e lo vede davanti ai suoi occhi, deciderà di vivere ogni istante con lui e per lui, in un gioco di spechi che per il lettore sarà struggente e doloroso.
Il titolo del romanzo di cui vi stiamo parlando è Purgatorio – edito da SUR – del celebre scrittore, scomparso nel 2010, Tomàs Eloy Martìnez, anche giornalista, esiliato durante la dittatura e i cui libri furono messi al rogo dalla giunta.
Un racconto mitico, politico, sentimentale, i cui capitoli riprendono l’opera dantesca e il cui titolo rimanda ad una situazione di stasi, di sospensione. Narrato, nella prima parte, in prima persona da ciascun personaggio e, nella seconda, dallo scrittore stesso – che diventa diegetico proprio perchè ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza dell’allontanamento forzato dalla terra d’origine – il testo parla di una doppia appartenenza che lascia l’identità in bilico tra “qui e là”, tra “passato e presente”.
La protagonista, Emilia, rivede suo marito, quel marito che, oggi, potrebbe essere suo figlio: i ricordi restano intatti, ma chi ritorna dopo tanto tempo al Passato, lo trova diverso, mutato e, forse, non lo riconosce più. Emilia è nata in una famiglia benestante di Buenos Aires, ha una madre e una sorella, Chela. Il padre, uomo gretto e potente, è politicamente vicino all’Anguilla (soprannome più che evocativo per il dittatore Videla), motore della propaganda ordina il rapimento di Simòn, costringe la figlia a stargli accanto durante le celebrazioni ufficiali – quasi per costringerla ad un doppio tormento psicologico, ad una doppia punizione per aver sposato un dissidente – confina la moglie in un istituto quando questa, da anziana, non a caso perderà la memoria. Proprio la Memoria e il passare del Tempo sono tra gli argomenti più importanti del romanzo: l’oblio di chi ancora oggi nega ciò che è successo durante i regimi sudamericani, l’oblio colpevole di chi nega i fatti nefasti della Storia dagli anni’70 ai ’90, l’oblio voluto di chi dovrebbere cercare la fondatezza dei fatti e non lo fa. La moglie di Dupuy, nel romanzo, è di origini ebrariche ma prende le distanze da queste sue origini perchè è noto l’antisemitismo della giunta; nel libro si parla dell’assurda guerra delle Malvine, attuata, con disonore, per contrastare la campagna internazionale antiargentina e che portò alla luce gli orrori compiuti dall’esercito : “I prigionieri torturati, accecati, gettati nel fiume e nelle fosse comuni: il furto dei nenonati, gli stupri, i feroci combattimenti contro nemici che nomici che non esistevano. Dupuy era coivolto in ciascuno di questi inferni: aveva contribuito a crearli, li aveva benedetti e aveva detto agli emissari del presidente Jimmy carter che si trattava di invenzioni degli estremisti. Quando la dittatura sprofondò, fu il primo a mettersi in salvo”. La sorella di Emilia, Chela, introduce il tema dell’aborto in una società, quella argentina, molto cattolica e Eloy Martìnez non fa sconti nemmeno alla Chiesa fiancheggiatrice, collusa, che ha insabbiato la verità, come quelli che facevano finta di non sapere mentre esultavano per il campionato mondiale di calcio…
L’autore di questo bellissimo libro ha scritto anche, tra gli altri, Santa Evita (il romanzo argentino più tradotto di tutti i tempi) su Eva Duarte, strettamente collegato a Purgatorio perchè entrambi raccontano di donne incastrate in un imbuto psicologico: quello tra amore e odio, tra paura e desiderio, tra prigonia e libertà. Lo stile è quello caro agli autori sudamericani, quel realismo magico che picchia duro contro le nefandezze della politica e l’indifferenza civile, ma che lascia uno spiraglio di speranza nella forza dell’amore.
Durante la lettura, alcuni personaggi arrivano addirittura a credere che un lago non ci sia più: che sia evaporato, volato via perchè quello che non si vede non esiste; non si vedono la violenza, le morti, i rapimenti per cui non si sono verificati. Invece Emilia “vede” suo marito, lo tocca, lo bacia, lo ama con la forza e l’intensità di un sentimento troppo a lungo represso. Ma dall’ esilio del cuore (e non solo) non si fa mai ritorno.