Meet the docs: Intervista ai registi del film RECUPERANDO EL PARAISO
Dal 2 al 4 giugno, a Forlì, si terrà MEET THE DOCS ! , festival internazionale di documentari sui diritti umani.
Ecco per voi un’intervista ai registi del film, in anteprima mondiale, RECUPERANDO EL PARAISO, Messico 2017.
Intervista a Rafael Camacho e José Arteaga.
Il documentario racconta una storia molto forte, quella della resistenza della comunità di Santa Maria Ostula che, armi alla mano, si è ribellata all’occupazione delle proprie terre da parte dei signori del narcotraffico, riconquistando il villaggio. In che modo siete riusciti a coinvolgere la popolazione a narrarsi e le forze di autodifesa ad accettare di essere seguiti da una telecamera?
Il primo contatto che abbiamo avuto con la comunità di Santa Maria Ostula è stato nel 2009, invitati dalle autorità locali, insieme a tutti i rappresentanti della stampa libera e indipendente, per coprire gli sviluppi del conflitto armato per il recupero delle terre che anni prima erano state espropriate dai caciques (signori del narcotraffico) con la complicità del governo centrale.
Durante questa visita abbiamo fatto le prime interviste al nonno di uno dei protagonisti (Fredi) e ad alcuni rappresentanti delle autorità locali. Nel 2010 uno di loro sarebbe stato rapito e ad oggi ancora scomparso. Il nonno di Fredi è stato assassinato e torturato nel 2011.
A causa dell’inasprimento del conflitto e della spirale di violenza, tra il 2010 e la fine del 2013 non ci è stato possibile tornare.
All’inizio del 2014 l’intero paese ha assistito alla rivolta armata in molte aree dello stato occidentale del Michoacán; dopo aver parlato con alcuni media indipendenti, abbiamo deciso di andare nella zona del conflitto; è stato lì che, per caso, abbiamo ripreso contatto con alcuni degli esuli di Santa Maria Ostula che stavano definendo alcuni dettagli per ritornare nella loro comunità e confrontarsi con i criminali. Grazie all’esperienza vissuta in passato visitando la loro comunità nel 2009, ci è stato possibile accompagnarli lungo la loro strada di ritorno.
Durante questo periodo di agitazioni, abbiamo stabilito dei legami di fiducia che ci hanno permesso di ritornare mesi dopo in quella comunità e iniziare a narrare la storia sulla base delle stesse voci di coloro che hanno sofferto le atrocità dei criminali.
Qual’è la situazione oggi in Messico per la popolazione locale nei confronti del narcotraffico?
Il Messico sta attualmente vivendo una delle sue peggiori crisi di diritti umani e di sicurezza. Nel 2006 il presidente del Messico dell’epoca, Felipe Calderon, dichiarò la cosiddetta “Guerra alle droghe”. Questa guerra, secondo i numeri ufficiali, ha condotto come minimo 200,000 morti e 40,000 dispersi. Un report recente, pubblicato dalla CNN, afferma che nel 2016 il conflitto armato in Messico è stato classificato al secondo posto al mondo, davanti a paesi come Iraq e Afghanistan e solo dietro la Siria.
Tra il 2016 e il 2017, 17 giornalisti sono stati assassinati.
Grandi aree del territorio messicano sono controllate da bande criminali e cartelli della droga, in complicità con le forze di polizia; se si considera anche la corruzione che prevale in Messico, tutto ciò tiene i cittadini in uno stato di totale assenza di difesa, la paura e la violenza hanno, infine, distrutto un tessuto sociale già debole e hanno forzato milioni di famiglie ad abbandonare le proprie case.
Tutti questi fattori, aggiunti all’assenza di giustizia, hanno portato la popolazione a uno stato di totale assenza di aiuti; tale contesto ha fatto si che, in alcuni stati del paese, le popolazione delle principali aree rurali abbiano iniziato a organizzarsi in gruppi di auto-difesa, facendosi carico della propria sicurezza e della difesa del proprio territorio.
Una situazione piuttosto complicata per porvi rimedio in qualche modo.
Avete scelto di produrre il documentario sotto “Creative Commons”, rifiutando dunque ogni tipo di supporto da parte dell’industria audiovisiva o di programmi di sostegno alla produzione istituzionale. Come mai questa scelta è importante per il documentario?
Sebbene la cultura sia una parte fondamentale dell’essere umano, nella società odierna molte delle sue manifestazioni non sono libere. La maggior parte della creatività è stata concentrata nell’economia consumistica, ha causato l’industrializzazione della cultura, relegando molte manifestazioni artistiche e culturali a oggetti di consumo e di intrattenimento.
Per noi la realizzazione audiovisiva è uno strumento che permette di costruire ponti e generare interazione tra le comunità e, in questo processo, contribuisce alla costruzione di una memoria collettiva. Noi crediamo che uno dei modi più efficaci per permettere ciò sia creare alternative che permettano la liberazione della cultura dalle logiche di mercato.
Il linguaggio cinematografico, nonché la sua grandiosa capacità di narrare storie, consente di riflettere sull’essere umano; la metodologia della realizzazione audiovisiva è un buon esempio di creazione collettiva, poiché raccoglie la sinergia degli sforzi e delle attitudini di coloro che lo sviluppano.
“Recuperando el Paraíso” è un documentario che mostra una piccola parte della dura realtà messicana e noi non troviamo un modo più coerente per condividere questo processo, se non prendendo le distanze dal modello capitalista, ovvero mettendo una licenza Creative Commons.
Siete ora in Europa per la distribuzione del film, con la prima al festival Meet the Docs a Forlì il 2 giugno, come proseguirà la distribuzione? avete altre date e una distribuzione?
Per adesso stiamo programmando diverse presentazioni in vari luoghi in Italia così come in altri paesi europei; nei prossimi mesi abbiamo intenzione di andare in altri festival che ci inviteranno, ma anche di prendere un vantaggio da questo viaggio per incontrare persone e case di produzione o distribuzione che sono interessate al progetto.
Traduzione dell’inglese di Sofia Calderone.