Rohani stravince, apre al mondo e ricorda il sostegno di Khatami
di Giuseppe Acconcia, che ringraziamo molto.
Il moderato Hassan Rohani ha vinto le elezioni presidenziali in Iran con il 56,88%. Il candidato conservatore, Ebrahim Raisi, si è fermato al 38,55%. Una vittoria della continuità per gli iraniani che hanno bocciato il ritorno al radicalismo degli ultra-conservatori vicini all’ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Il primo dato significativo di questo voto è stata l’alta affluenza alle urne: 73%. Le scene delle file, insieme all’estensione degli orari di chiusura dei seggi nelle grandi città iraniane, sono state un grande successo per la guida suprema iraniana, Ali Khamenei, che sin dalla vigilia del voto ha puntato tutto sul sostegno al regime assicurato dal popolo iraniano nel suo insieme. Questo è anche un segno di maturità per il sistema politico iraniano post-rivoluzionario, per un popolo che ogni quattro anni è chiamato a scegliere un candidato tra una rosa di prescelti da parte del Consiglio dei Guardiani, in un contesto di dibattito politico che specialmente in campagna elettorale si fa molto acceso e interessante. E così anche la proclamazione del vincitore, come è ormai tradizione, si è trasformata in una celebrazione per le strade della capitale iraniana. Il colore viola era stato scelto da Hassan Rohani per la sua campagna elettorale e si vedeva dovunque per le strade di Teheran. Molti automobilisti da giorni avevano aggiunto un fiocco viola al loro parabrezza o avevano esposto immagini del presidente. Al parco Niavaran, a nord di Teheran, il clima è particolarmente acceso. Proprio qui si sono svolte intense attività di diffusione di volantini e sostegno alla campagna di Rohani alla vigilia del voto.
Il primo discorso di Rohani per la sua rielezione è stato accolto con grande calore. L’Iran ha scelto la politica dell’apertura e del dialogo: in continuità con le presidenze del grande uomo forte della politica iraniana, Hashemi Rafsanjani, che è venuto a mancare lo scorso gennaio. «L’Iran è disponibile a rafforzare e ad ampliare i legami internazionali in tutti i campi», ha messo in chiaro Rohani. Queste aperture sono state al centro dell’accordo sul nucleare del luglio 2015 ma sono state messe in discussione dall’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e dalle ulteriori sanzioni che sono state imposte a politici iraniani impegnati nello sviluppo dell’industria missilistica. Il presidente iraniano ha poi aggiunto che «le elezioni iraniane mostrano ai Paesi della regione che si può ripristinare la sicurezza attraverso la valorizzazione della democrazia» e ha ricordato l’ex presidente Muhammad Khatami che lo ha appoggiato in campagna elettorale. Khatami è bandito dalla scena pubblica e si è dedicato negli ultimi anni al sostegno della società civile. Per questo, le parole di Rohani potrebbero essere il segno che finalmente una stagione di riconciliazione con i riformisti si potrà aprire anche con la fine degli arresti domiciliari dei due leader del movimento, Moussavi e Kharroubi, che vanno avanti ormai dal 2011. Proprio mentre venivano resi ufficiali i risultati, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in visita in Arabia Saudita, ha annunciato una maxi vendita di armi al suo alleato saudita, nonostante il sostegno che è arrivato da Ryad al terrorismo internazionale. Il Segretario di Stato, Rex Tillerson, ha rincarato la dose aggiungendo che gli Usa vogliono che l’Iran smantelli le reti terroristiche sostenute dal regime, metta fine ai test di missili balistici e ristabilisca il rispetto dei diritti umani. In realtà l’Iran è tra i principali paesi impegnati nella lotta contro lo Stato islamico (Isis) nella regione.