Venezuela. Domenica di sangue
di Tini Codazzi
Domenica 30 luglio 18 regioni del Venezuela hanno protestato contro la Costituente di Maduro, ci sono stati 15 morti, tra cui soltanto 1 militare della Guardia Nacional e il resto sono stati civili, compreso un bambino di 13 e una ragazzina di 15 anni, centinaia di feriti, attacchi selvaggi alla stampa nazionale e internazionale che copriva la giornata elettorale, irruzioni arbitrarie in zone residenziali di tutto il paese distruggendo palazzi, macchine, case, compresa l’abitazione di Omar Lares, sindaco di una città vicino, Mérida, a ovest del paese, la polizia ha sequestrato i suoi familiari. Tutto questo in un solo giorno perché il popolo non vuole la fraudolenta Assemblea Costituente di Maduro e quindi continua a manifestare senza paura, la Resistencia continua la sua lotta, gli studenti pure. In tutto il paese ci sono stati e continuano ad esserci ora dopo ora scontri pesantissimi e gravissimi tra polizia e guardia nazionale da una parte e manifestanti, studenti e Resistencia dall’altra. Chi parla di guerra civile si sbaglia di grosso, stiamo parlando di forze dell’ordine piene di armi e molto ben attrezzate contro società civile che si difende come può. Succedono abusi tutti i giorni: parlamentari della Assemblea Nazionale vengono aggrediti costantemente, anche le donne, giornalisti minacciati pesantemente, una rinomata clinica privata a est di Caracas ha dovuto issare la bandiera della Croce Rossa a seguito di un brutale attacco con i lacrimogeni da parte della Guardia Nacional. Continua la caccia alle streghe dei sindaci e dei leader dei movimenti studenteschi che hanno avuto il coraggio di opporsi al governo, molti di loro destituiti, minacciati, arrestati e condannati, perseguitati, sequestrati. Paramilitari e simpatizzanti del governo assediano la sede del Parlamento. Non esiste rispetto per nessuno: né malati, né bambini, né anziani, né donne.
La situazione, come si poteva prevedere, è ormai fuori controllo. L’associazione Provea (Programma Venezuelano di Educazione e Azione per i Diritti Umani) ha denunciato che il 70% degli omicidi durante le manifestazioni sono responsabilità delle forze dell’ordine del regime.
Tornando a domenica 30 luglio: Tibisay Lucena (presidente del Consejo Nacional Electoral, fedelissima di Maduro e una delle funzionarie sanzionate dal governo degli Stati Uniti) ha dichiarato che hanno votato 8.600.000 persone aventi diritto, impossibile, in realtà i voti sono stati poco più di 2 milioni, il 12,4% della popolazione votante. 87,6% dei votanti si sono astenuti. I lavoratori del settore pubblico sono stati minacciati di essere licenziati se non andavano a votare. Provea e il Foro Penal hanno ricevuto molte denunce a riguardo da parte di lavoratori pubblici che volevano essere liberi di votare o meno. Nonostante ciò, una grandissima sconfitta per il regime che ormai non può nascondersi e non può continuare a raccontare favole socialiste. È stato assordante come durante la giornata di domenica, quando ancora i seggi erano aperti, sono iniziate ad arrivare dichiarazioni dei paesi del mondo che non riconosceranno la costituente: Stati Uniti, Messico, Canada, Svizzera, Colombia, Panama, Argentina, Brasile, Costa Rica, Perù, Norvegia e poi sono arrivate le dichiarazioni del Regno Unito e infine, importantissime, L’Unione Europea al completo. Una situazione ormai troppo evidente per non pronunciarsi contro. Il popolo venezuelano ringrazia.
Due giorni dopo le elezioni, i due leader dell’opposizione Antonio Ledezma e Leopoldo Lopez sono stati sequestrati da casa loro nella notte e portati al carcere militare di Ramo Verde. In teoria sono colpevoli di aver usato le reti sociali per diffondere opinioni negli ultimi giorni, cosa che era vietata perché in prigione, ma fare irruzione, sequestrare durante la notte, non informare gli avvocati, ore senza conoscere la loro destinazione è una chiara violazione dei loro diritti, una in più nella infinita lista che ha collezionato il regime. Ormai tutti i giorni ci saranno notizie di ingiustizie e arbitrarietà perpetrare dal regime, molto più di prima perché adesso Nicolas Maduro si sente nel diritto di farlo dopo le elezioni di domenica.
Ogni singola notizia lascia un amaro in bocca che si è appesantito negli ultimi mesi, un amaro che non passa e che ormai mi accompagna sempre, perché c’è la famiglia, gli amici, perché questo paese, che adesso è nell’occhio del ciclone, non è il paese dove ho vissuto tanti bei momenti, continuo a dire a me stessa e agli altri che i venezuelani non sono così, non sono come quegli esseri che reprimono e ammazzano impunemente. Maduro e la sua cupola di governo e fedelissimi non sono il Venezuela che io conosco e non sono lo specchio del popolo generoso, sorridente, allegro e pigro, dove sì, c’è sempre stata delinquenza, ma mai un accanimento così pesante e crudele contro altri esseri umani. Com’è possibile che due persone, Hugo Chávez e Nicolas Maduro, abbiano cambiato così tanto la idiosincrasia di un popolo? Me lo chiedo in continuazione. Sono passati 18 anni e la stragrande maggioranza ha sofferto, è stata ingannata, è stata usata e adesso ha capito di essersi sbagliata, ma c’è ancora una fetta di persone, tra cui ci sono le forze armate del paese, la Polizia Bolivariana, tutti i membri del governo, lavoratori pubblici e persone comuni, che purtroppo continuano ad appoggiare il regime e a fare i criminali in modo impune. Questo non è il paese dove sono nata. Spero di poter far vedere e tornare a raccontare presto tutte le cose belle che ci sono in Venezuela.
¡BASTA YA! ¡NO MÁS DICTADURA!