Il racconto di un ragazzo gay e disabile: la strada per la felicità
Oggi pubblichiamo la storia di Filippo, un nostro caro amico, che ringraziamo per aver voluto condividerla con noi e con voi, nell’intento di sensibilizzare sui diritti Lgbt e per aiutare tante e tanti nella loro personale ricerca della felicità.
“Sbaglia sempre per conto tuo…è così che fanno le persone che vogliono essere felici”. Questa frase tratta da un film di Ozpetek è quella con cui voglio iniziare il mio racconto, perchè se c’è una cosa che ho imparato a metà del mio percorso è sicuramente che, per dirlo in altre parole, preferisco vivere di rimorsi che di rimpianti.
Sono Filippo, un trentenne della Brianza, gay e disabile. Vivo, quindi, più o meno da sempre, la doppia diversità o doppia discriminazione, anche se forse i primi a discriminarci siamo noi stessi. La disabilità è qualcosa con cui ho dovuto convivere fin dalla nascita, nel mio caso si tratta semplicemente di un’emiparesi che ha coinvolto il braccio e la gamba destri. Nell’infanzia il problema è soprattutto dei genitori che si trovano a dover far fronte a qualcosa d’inaspettato e di non sempre facile gestione, soprattutto all’interno di una famiglia come la mia, composta da due genitori di umili origini e condizioni e non propriamente così uniti. Ad essere sinceri le urla e le liti hanno sempre fatto parte del mio quotidiano, ma a parte l’ambiente “movimentato”, oggi posso dire di essere stato abbastanza fortunato nell’avere due genitori che comunque sono stati premurosi per come hanno potuto. I primi anni della scuola sono stati tutto sommato sereni se escludiamo qualche difficoltà legata al rendimento scolastico, non ho sentito particolarmente il peso emotivo della disabilità. L’adolescenza e gli anni seguenti sono stati senza dubbio più duri. Da adolescente, oltre a chiedermi se il corpo poteva in qualche modo attirare i miei coetanei, c’era il conflitto interiore tra ciò che mi era stato insegnato dai Testimoni di Geova riguardo all’omosessualità e ciò che sentivo, ovvero l’attrazione per insegnanti
il mio stesso sesso. L’ambiente che frequentavo insieme a mia madre e a mia sorella, quello dei Testimoni di Geova appunto, non mi ha aiutato di certo a risolvere i miei conflitti.
Per anni ho cercato di pensare all’omosessualità come ad una scelta, uno stile di vita alternativo. La vera svolta dentro di me avviene quando inizia a farsi insistente il pensiero del tempo che scorre e i vent’anni se ne vanno con le opportunità mancate. Decido così di darmi una possibilità e di provare ad assecondare i miei sentimenti e a ventisette anni ho il mio primo rapporto sessuale. Si tratta però di una strada in salita, infatti non ho amici gay, ma una vita da ricostruire daccapo e una famiglia dalla mentalità chiusa. Per giustificare il mio allontanamento dalla religione mi trovo costretto quasi subito al coming out. La reazione di mia madre, come previsto, non è delle migliori mentre quella di mia sorella è inaspettatamente positiva, probabilmente perchè in quel periodo anche mia sorella vive un momento difficile, decide di separarsi dal marito e di tornare a casa dai miei. La tempesta di emozioni e cambiamenti di quel periodo mi spingono a trasferirmi da solo a Milano per la prima volta e a farmi seguire da uno psicologo. Rimango presto senza lavoro e così torno in famiglia, ma l’anno fuori di casa mi aiuta a coltivare amicizie e ad avere le prime esperienze amorose. Sono tornato dai miei con la sensazione di avere tanta strada da fare per raggiungere quella che molti chiamano felicità, altri serenità o anche vita soddisfacente. Mi capita spesso di sentirmi triste perchè non ho il lavoro che vorrei e sento la mancanza di un amore. Al tempo stesso sono consapevole che la vita non è sempre come vorremmo e che l’idea di relazione che ho in testa non corrisponde alla realtà delle coppie che conosco. Oltre il fatto che continuo a lavorare su me stesso, tra le cose positive che faccio c’è l’attivismo; attualmente sono un “ Libro Parlante” di Milano e faccio conoscere la mia storia di vita e, in passato, ho collaborato con Arcigay e Asa (Associazione Solidarietà Aids).
Vorrei rivolgermi a coloro che vivono una situazione simile alla mia, ma non essendo bravo nei consigli, mi faccio aiutare dalla scrittrice Gabrielle Rivera che nel raccontare la sua esperienza nel libro “Le cose cambiano” si esprime così: “Le cose non cambiano, quel che succede è che diventate più forti . Capite quello che succede, come sono le persone e come va il mondo. E da adulti, imparate ad affrontarlo, il mondo, imparate ad amarvi, a prendere le cose per quello che sono”.
Conosco Filippo da anni e mi piace il suo racconto, ma alle volte imparare ad amare se stessi non e’ cosa facile.
Conosco Filippo, è un ragazzo stupendo, sensibile, culturalmente preparato, fà piacere stare ad ascoltarlo. Sinceramente la sua disabilità io non la vedo, vedo solo un ragazzo meraviglioso che sà amare il suo prossimo e può dare tanto agli altri.
Sono brasiliano e leggendo la storia di Filippo mi sono spacca il cuore, mi fa piangere l’anima, anche se non lo conosco. Lui sembra essere un uomo bravo.
La sofferenza nei rapporti amorosi può essere maggiore quando si tratta di omosessualità
Ciao, chiedo a Filippo di volermi scrivere sul mio wattzzapp al 3338646553, oppure alla mia email, gianfrancopalermo74@gmail.con
Buongiorno, per quale motivo? Grazie