“Stay human. Africa”. Altre afriche di Andrea De Georgio: è necessario approfondire lo sguardo oltre il binocolo miope che vede solo terrorismo e migrazioni
di Veronica Tedeschi
“Un pezzo di legno può restare in acqua per tanti anni senza trasformarsi in un alligatore” (proverbio africano)
Una testimonianza sull’Africa necessaria, un’Africa raccontata dalla carne degli africani.
Con queste parole si apre la serata di presentazione del libro “Altre Afriche” di Andrea De Georgio.
Durante la serata, sono stati toccati temi di geopolitica contemporanea, attraverso l’approfondimento della cultura di alcuni Stati dell’Africa occidentale: Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger e Costa d’Avorio. Paesi dei quali Andrea parla nel suo libro, raccontati dalla vita quotidiana dei piccoli gesti di chi li vive.
Paesi ai quali siamo sempre più intrecciati: per ragioni demografiche (siamo un continente di anziani!), per ragioni economiche, per il cambiamento e climatico e, infine, per la disintegrazione geopolitica. Stati africani al collasso con poteri informali e clan mafiosi che prevalgono sulle istituzioni formali stanno rendendo invivibile lo storico continente madre.
Migranti e terrorismo sono i due temi ai quali si riduce una qualsiasi discussione sull’Africa. Per parlare di temi così importanti è forse necessario iniziare a cambiare prospettiva, far parlare in prima persona questi paesi apparentemente tanto lontani ma mai così vicini.
“Aiutiamoli a casa loro”, cosa significa realmente? Secondo Andrea, ci sentiamo perennemente in colpa nei confronti dell’Africa a causa della colonizzazione.
È necessario approfondire lo sguardo oltre il binocolo miope che vede solo terrorismo e migrazioni; “Altre Afriche” ha come obiettivo la decostruzione di alcuni pregiudizi e dicotomie quali centro-periferiche o noi-loro, attraverso i racconti delle persone che vivono in questa zona del mondo, una geo-poetica dal basso.
“Per quanto riguarda la mia esperienza africana, sono sempre stato circondato da situazioni impoverite, non povere. Perché? Partiamo dalla moneta presente in tutta l’Africa occidentale, il Franco Sefa CFA – ultima moneta coloniale ancora esistente al mondo – che, ancora oggi, è strettamente collegata all’Euro. Questo rapporto Euro-Sefa aiuta l’economia africana?”
Si tratta di un formidabile strumento di controllo economico-monetario delle Francia alle sue ex-colonie africane. I locali sentono il peso di questa moneta, vissuta come un freno alle esportazione e una limitazione alla propria sovranità.
Come accaduto con l’Euro in Europa, infatti, anche il Franco Sefa ha avuto una forte svalutazione (circa il 50%) senza un conseguente aggiustamento dei prezzi. A causa di questo, una massiva migrazione senegalese, per citare una nazionalità, è partita verso l’Europa per scappare da un impoverimento via via crescente di tutta la popolazione.
Questo è uno dei tanti motivi per cui la differenza tra rifugiato e migrante economico non serve più, le persone che sono scappate da quei luoghi negli anni della “depressione”, sono dovute partire per cause esterne a loro e come conseguenza ad un impoverimento della loro vita, causato ancora una volta dal buon Occidente.
Si torna a parlare di singole persone, il diritto si incarna nella pelle del singolo. La differenza tra migranti economici e rifugiati è di comodo, eurocentrica.
Inoltre in Europa stiamo assistendo ad un forte problema culturale, l’immagine del migrante è spesso distorta, paragonato al terrorista. “E’ nostro dovere in quanto esseri umani capire che la migrazione è un’opportunità.”
Nel mondo di oggi manca l’autenticità, si parla di esperienza vissuta, di vita. L’idea del libro è voler avvicinare questi attori del cambiamento alla realtà, considerarli persone, per quello che sono realmente, eliminando il campo da pregiudizi e paure.
Le testimonianze individuali, per Andrea, sono forse l’unico mezzo per riuscire a parlare di Africa.