“Scritture al sociale”. La parte lesa
di Patrizia Angelozzi
25 Novembre giornata internazionale contro la violenza alle donne. Sono quelle dalle ferite indelebili che non hanno capito in tempo e non hanno avuto più tempo.
Vittime che includono nel dolore madri, padri, figlie, sorelle, fratelli, amici. Sono innocenti. Perché per morire di violenza occorre essere innocenti
E donne sparite nonostante siano ancora presenti. Assenti loro malgrado.
Molte le donne che hanno spiegato, promosso, comunicato e scritto, facendo cultura e promozione; libri, opere di comunicazione, mostre fotografiche e molto altro ancora per invitare tutti noi a farci domande.
Tra i nomi di rilievo:
Simone De Beauvoir ne “Il secondo sesso” edito nel 1949 e arrivato in Italia solo nel 1961. Una delle opere fondamentali del movimento femminista. Quasi in modo scientifico spiega l’assurdità delle disparità tra uomo e donna, invitandole a riconoscere il proprio valore.
Elena Gianini Belotti “Dalla parte delle bambine” edito da Feltrinelli nel 1973, un saggio dedicato al condizionamento precoce della donna. Un libro per capire, comprendere.. “Se le aspettative dei genitori riguardo ai propri figli sono così diverse a seconda del loro sesso, è inevitabile che essi reagiscano ai loro richiami di conseguenza”.
Elina Chauvet, nota artista messicana ha dedicato “scarpette rosse”, arte per il sociale per promuovere il cambiamento inteso come partecipazione concreata e virtuale contro il femminicidio. La prima a comunicare attraverso un’invasione di scarpe rosse il fenomeno nel 2009.
Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker “Con la scusa dell’amore”, edito da Longanesi nel 2013, qui l’accento al femminicidio che non è riconosciuto come un problema di ordine pubblico ma culturale alimentato dalla discriminazione.
Loredana Lipperini “Ancora dalla parte delle bambine” edito da Feltrinelli nel 2014, riprende il tema della pioniera Elena Gianini Belotti sull’educazione nell’infanzia, troppo spesso alimentata nelle bambine attraverso stereotipi. Lo fa con maestria e una lucida visione delle origini e sulle evoluzioni nel tempo.
Serena Dandini “Ferite a morte”, edito da Rizzoli nel 2014. L’autrice si chiede e ci chiede “E se le vittime potessero parlare?” Così l’autrice prova a dare voce a chi non ha potuto per restituire il coraggio di lottare a chi ancora può farcela in una formula motivazionale attenta e scrupolosa.
Sara Magnoli, “Se il freddo fa rumore” edito da Damster Edizioni nel 2017, narrativa in giallo in un contesto di provincia. L’autrice affronta all’interno della trama, la violenza psicologica, troppo spesso dimenticata. “Forse, se lui l’avesse picchiata, Serena avrebbe avuto il coraggio di denunciarlo. Forse. Ma così, chi le avrebbe mai creduto? Come fai ad andare al pronto soccorso, o alla polizia, e dire: “Ha preso a botte la mia anima?”
L’accento ed il fermo immagine restano sulla pelle di chi ha subito. Di chi non c’è più e di chi è rimasto vivo e ferito in modo permanente. Urla la pelle di chi ha subito, rimasto ad assistere senza poter fare nulla dentro insani giorni a polverizzare il passato e il futuro.
Che fare? Ricostruire identità, autostima, coscienze. L’educazione ai sentimenti, nella crescita e la manifestazione della tenerezza come caratteristica umana imprescindibile. Famiglia, scuola, educatori, contesti di condivisione. Affinché nessuna donna sia più la ‘parte lesa’.