120 battiti al minuto. Lottare per la vita, contro le discriminazioni
Nei primi anni ’90 nasce, a New York, il movimento denominato “Act Up” con l’intento di squarciare il silenzio sull’AIDS, fare informazione corretta e combattere i pregiudizi nei confronti dei malati e dei sieropositivi. Il film racconta le vicende di alcuni attivisti dello stesso gruppo, ma a Parigi: giovani e adulti, colpiti in maniera diretta e non, dal flagello di quegli anni, si riversano nelle strade, si uniscono in collettivi e organizzano manifestazioni shock per sensibilizzare la popolazione sul tema. Tra loro emergono le storie di Thibault, Sophie e Sean che, uniti prima da profonda amicizia e poi da un grande amore, rivelano al pubblico la possibilità e la volontà di voler vivere intensamente, nella gioia e nel dolore, come gli amici e gli amanti etero. Al loro gruppo, infatti, si unirà Nathan – un ragazzo sano e sensibile – che si innamorerà profondamente di Sean. Insieme costruiscono un rapporto di fiducia e di rispetto; insieme saranno capaci di maturare tanto da essere in grado di trasformare la lotta per la dignità dei gay e dei sieropositivi in una battaglia meno dispersiva e più utile alla società civile e troveranno anche la forza di gestire la prova più difficile che una persona debba affrontare.
Si tratta di una rivoluzione culturale e di una educazione ai sentimenti validi ancora oggi, più che mai.
Grida, rumori, volti, colori, parole: i Gay Pride che vengono organizzati ogni anno in varie città del mondo prendono spunto dalle manifestazioni messe in atto circa 30 anni fa negli Stati Uniti e nella capitale francese, i luoghi più colpiti all’epoca dalla malattia dell’ HIV.
Robin Campillo, al suo terzo lavoro cinematografico, decide di raccontare quella rivoluzione, ricostruendone il contesto e le storie senza cadere nella retorica , ma rimanendo ben attaccato alle inforrmazioni scientifiche e alle testimonianze raccolte nel tempo, senza dimenticare il fatto che egli stesso è stato coinvolto in prima persona nelle situazioni raccontate.
Campillo ha sceneggiato il film La classe di Laurent Cantet (suo amico e collaboratore) e per questa sua ultima opera sceglie lo stesso impianto, anche registico, di quel film: scrive la trama, ma la sviluppa lasciando largo spazio all’improvvisazione e ai dati di realtà nel filmare, con minuzia di particolari, gli incontri preparatori alle manifestazioni, riprendendo le discussioni tra gli attivisti, utilizzando tre cineprese per imprimere sullo schermo i diversi punti di vista, in un work in progress tenuto poi insieme dalle sequenze girate in esterni.
Utile scelta, questa descritta, per consentire agli spettatori di farsi un’opinione propria su ciò che vede e che sente, così come risulta adeguata allo stesso scopo la decisione di far partire la narrazione con la scena di un atto dimostrativo forte: alcuni membri dell’Act Up irrompono durante una conferenza istituzionale e iniziano a lanciare gavettoni contenenti liquido rosso, per rivendicare l’accelerazione della ricerca di una cura.
Il pubblico, è coinvolto e sconvolto; da parte del regista non c’è alcuna intenzione di manipolare le sue reazioni, ma vero è che il film riesce a denunciare la paura che – ieri come oggi – attraversava la società, l’ipocrisia imperante dei governi, la corruzione delle case farmaceutiche. Non a caso 120 battiti al minuto è stato realizzato nel 2017: cosa è cambiato da allora? Si sono trovati farmaci che aiutano le persone sieropositive ad avere una qualità della vita accettabile e che hanno allungato la prospettiva di futuro, ma a livello culturale siamo ancora molto indietro.
Interessante è anche l’andamento dello script: si parte da una situazione corale per poi “stringere” su alcune storie personali e,in fine, tornare ad una scena aperta su più persone. Il fenomeno dell’AIDS non coinvolge solo alcune categorie (omosessuali o tossicodipendenti), ma colpisce coloro che hanno rapporti intimi, spesso promiscui, senza protezione. Le persone coinvolte amano e soffrono esattamente come quelle eterosessuali.
Gli ultimi quindici minuti, girati in discoteca, sono potenti sia per l’uso della musica (techno) sia per il significato che lasciamo scoprire a chi vorrà vedere e recuperare questo bel film. Il titolo è strettamente legato al commento sonoro: si riferisce ai battiti cardiaci che aumentano sia per la musica ritmata e ad alto volume, sia per un innamoramento in corso. E il più forte innamoramento che i protagonisti mettono in scena è sicuramente quello per la Vita, vissuta con superficialità prima e con consapevolezza e profondità, dopo.
Vincitore del Gran Prix Speciale della Giuria a Cannes, del Premio FIPRESCI e del Queer Palm.