Intervista SIMONE BOBBIO, Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS)
La “nuova” rotta per i migranti: quella tra le montagne, nella neve, a rischio assideramento. Associazione per i Diritti umani ha intervistato SIMONE BOBBIO (e lo ringrazia molto), del CNSAS – Corpo Nazionale Soccorso Alpino e speleologico.
Ci spiega qual è il tragitto dei migranti sulla nuova rotta alpina?
A partire dalle prime nevicate invernali (10 e 11 dicembre 2017) abbiamo effettuato oltre una decina di interventi di soccorso alpino su gruppi di migranti che tentavano di passare il confine con la Francia lungo la strada del Colle della Scala a monte dell’abitato di Bardonecchia (TO). In inverno, la carrozzabile viene pulita dalla neve per i primi 5 km a partire dalla stazione ferroviaria. In seguito si entra in territorio francese dove in 6 km di salita (circa 300 metri di dislivello), lungo il tracciato innevato della strada estiva, si raggiunge il Colle della Scala a quota 1779 metri. Rimangono poi altri 6 km in discesa su una pista da sci di fondo fino alla strada carrozzabile che unisce i paesi francesi di Nevache e Briançon. Il punto più critico della traversata sono i 6 km di salita dal Confine al Colle che percorrono pendii con molta neve ed elevato pericolo valanghe dopo abbondanti nevicate. Nella settimana prima di Natale le condizioni consentivano ad alcuni gruppi di raggiungere il Colle anche senza la preparazione e attrezzatura adatte. Da allora il susseguirsi di nevicate e maltempo hanno reso il passaggio particolarmente improbo, se non impossibile.
I migranti viaggiano da soli oppure c’è qualcuno che li accompagna?
I gruppi che abbiamo soccorso erano soli.
Cosa succede a coloro che riescono ad arrivare dall’ “altra parte”?
Coloro che riescono a superare il Colle della Scala e riescono a eludere i controlli delle autorità francesi vengono accolti da alcune associazioni che fornscono loro locali riscaldati dove ripararsi. Chi invece viene fermato da Polizia e Gendarmerie viene rimandato in Italia così come accade per coloro che vengono intercettati mentre cercano di attraversare il confine su treni e autobus.
Vi è capitato di avere problemi per il fatto di soccorrere queste persone?
Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) presta soccorso in territorio impervio a tutte le persone che ne hanno bisogno. Da un punto di vista qualitativo gli interventi di soccorso in favore di migranti, escursionisti o scialpinisti seguono le medesime procedure. Verso il Colle della Scala, data la conformazione del territorio e il modo in cui sono stati tracciati i confini di Stato, il punto più critico del percorso si trova in Francia ma è più facilmente accessibile dall’Italia. Difatti i soccorritori transalpini con cui abbiamo un ottimo rapporto di collaborazione chiedono ai nostri operatori di effettuare una prima perlustrazione in modo da raggiungere più rapidamente le persone da soccorrere ed effettuare una valutazione. In alcuni casi è stato necessario richiedere il supporto dell’elicottero francese per evacuare con urgenza persone infortunate, in altri l’elevato pericolo valanghe impediva alla squadra del CNSAS Piemonte di procedere via terra rendendo fondamentale l’intervento da parte dell’elicottero francese. Ma, sostanzialmente, per il nostro Corpo si tratta di “ordinaria amministrazione”.
Quali sono le parole dei migranti che le sono rimaste più in mente, dopo averli conosciuti?
Personalmente ho partecipato a un intervento di soccorso alpino in favore di migranti lo scorso 20 dicembre. Con gli sci e le pelli di foca abbiamo raggiunto un gruppo di 6 uomini originari della Guinea Conakry in prossimità del Colle della Scala. Erano infreddoliti e spaventati ma hanno preferito proseguire. Li abbiamo informati del fatto che la Polizia francese li aveva già individuati e li avrebbe riportati in Italia. «Ci riproveremo un’altra volta» è stata la loro risposta. A quel punto li abbiamo seguiti a distanza verificando che la loro progressione avvenisse in sicurezza fino al Colle dove li attendevano le autorità francesi. I nostri operatori della stazione di Bardonecchia hanno effettuato numerosi interventi e mi hanno raccontato che i migranti soccorsi con principi di congelamento desiderano essere consegnati rapidamente al personale sanitario e si dimostrano increduli di fronte ai pericoli della montagna. Nonostante quelli che hanno già affrontato nel deserto del Sahara, nei centri di detenzione libici, nella traversata del Mediterraneo.