“Scritture al sociale”. Basterebbe l’amore
di Patrizia Angelozzi
L’amore, il tema di questa settimana.
Quello personale, per gli altri o universale. Un uso e abuso di questo vocabolo che evidenzia che forse ne abbiamo perso il significato.
Viviamo il periodo storico della commercializzazione che svilisce mentre allo stesso tempo ognuno proprio prova a salvarne un po’ il senso.
L’amore.
Abituati a riconoscerlo attraverso una intensa esperienza emotiva, dove diventa “istinto, condivisione, passione, coinvolgimento e spesso finisce dentro un ideale utopico”.
Al tempo stesso diventa “poetico, irrazionale, pazzo, travolgente”.
Inebriante come un profumo, rassicurante come un plaid, accogliente come l’ombra d’estate, rigenerante come l’acqua del mare. Sopra le righe, dentro le righe o tra gli spazi vuoti.
Abbiamo davvero imparato a parlare d’amore? A capirlo, a manifestarlo, a raccontarlo ai nostri figli, ai nostri allievi? Abbiamo saputo ascoltare i racconti negli occhi umidi dei nonni, attingere eredità dalle loro storie?
La tenerezza, il prodigarsi, il comprendere differenze millesimali o importanti diventano momenti di amore.
Siamo cercatori di felicità, cantiamo canzoni ad alta voce o sussurrandole mentre le note, impazzite girano attraversandoci. Endorfine allo sbaraglio, appassionati ed esclusivi diventiamo promotori di entusiasmi.
Spesso dimenticando che l’altro siamo noi, che arrivi dal Giappone o dall’Indù, dalla Francia, dalla Svizzera, dagli USA o dal Polo, dall’ultima traversata nell’Oceano o da un barcone, dalla Russia o dalla Germania. Questo sentimento cercato, rincorso per vivere appieno la vita, o è dentro di noi o non c’è. Basterebbe che gli sbandieratori dell’amore per la natura, per gli animali, per la Pace, per i diritti umani, ricordassero di ‘essere umani’. Allora, solo allora saremo davvero in grado di amare. Poiché per amare bisogna smettere di odiare.