“Orizzonte donna”. Relazioni brutali. Genere e violenza nella cultura mediale
Relazioni brutali. Genere e violenza nella cultura mediale
di Elisa Giomi, Sveva Magaraggia
Ed. Il Mulino
“Perché sedurla se puoi sedarla?”, oppure “perché sedurla se puoi saldarla?”: solo due esempi del livello di violenza e brutalità quotidianamente veicolate dai social in pagine che mescolano misoginia, omo/transfobia, razzismo, incitamenti alla pedofilia. Al centro di questa indagine, la violenza contro le donne, ma anche la violenza che dalle donne è agita, due fenomeni speculari benché di natura e portata assai diverse, che sono analizzati nella loro copertura mediale. Dalle serie tv a circolazione globale alle cronache nazionali, dalla musica alla pubblicità, muovendosi tra “factual” e “fictional”, ciascuna delle due forme di violenza è esplorata attraverso molteplici raffronti tra il piano della realtà e il piano della rappresentazione, illustrando modelli, attori, dinamiche, radici, così come retoriche, estetiche, politiche.
Associazione per i Diritti umani ha rivolto un paio di domande di approfondimento alle autrici e le ringrazia per la disponibilità.
Quali sono gli assunti e le interpretazioni della violenza di genere su cui si basa questo studio?
Questo libro prende avvio dalle nostre rispettive esperienze politiche e teoriche sulla tematica della violenza di genere. Sono dibattiti molto complessi, difficilmente riassumibili, però abbiamo sin da subito identificato alcune colonne portanti del nostro ragionamento:
Una delle lezioni fondamentali degli studi sulla violenza è che la violenza è un crimine del controllo e non di amore.
Ma sappiamo anche che c’è una “parentela insospettabile” (per prendere a prestito le parole di Lea Melandri) tra amore romantico e violenza.
La dimensione del potere riveste un ruolo preponderante nel discorso d’amore, che ancora oggi permette di costruire dei rapporti di potere ben codificati e di definire i generi, il maschile e il femminile, come speculari. Ruoli ben codificati e definiti (ben esemplificati dal modo di dire “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna”) che creano relazioni di profonda dipendenza emotiva: dipendenza che per gli uomini è imprescindibile e avvilente al contempo, perché dirsi dipendenti dalle cure femminile è una esperienza di impotenza e debolezza che va contro all’ideale di maschilità piena da un lato, e dipendenza che è pericolosa per le donne, perché essere dispensatrici di cura crea un vincolo di indispensabilità.
I dati, non a caso, indicano come la violenza degli uomini contro le donne aumenti quando queste ultime vogliono finire la relazione di amore o durante la gravidanza: quando cioè, non vogliono o possono più essere dispensatrici di totale devozione e cura.
Inoltre, abbiamo tematizzato la violenza come questione culturale, non privata né psichiatrica (è l’espressione esacerbata dell’ordine di genere, è un comportamento ben radicato nella nostra cultura. Rappresentarla come frutto di follia, di perdita momentanea di lucidità serve solo a proteggere l’ordine di genere.
La violenza per noi non è quindi un fenomeno residuale della nostra società, bensì una categoria costitutiva del reale. È un ingrediente primario nella costruzione delle nostre libertà.
Infine, è fondamentale, per noi, iniziare a nominare il maschile. Nodo principale di questo problema sociale sono gli uomini come individui e come genere. Gli uomini sono i principali autori di violenza, e anche per questo quando si costruiscono politiche di prevenzione della violenza è strategico creare alleanze e collaborazioni con maschilità non tossiche.
La violenza di genere è quindi una categoria esplicativa delle dinamiche interpersonali sul piano micro-sociologico e dell’ordine di genere su quello macro.
Nel saggio si parla di “violenza gendered”: ci può anticipare il significato di questo concetto?
Parlare di violenza gendered significa in primis ricordarci che autori e vittime di violenza hanno un genere; è agita da uomini o da donne. Al contempo la violenza definisce modalità di costruzione del ruolo delle donne, degli uomini e del rapporto tra di loro.
Vediamo degli esempi, per capire meglio. Nel discorso dell’amore romantico la violenza gioca un ruolo speculare se riguarda un uomo o una donna: agire violenza è cifra della passione dell’attaccamento di lui, mentre accettare la violenza è testimonianza della devozione di lei. Questo meccanismo è amplificato nel linguaggio mediale, dove la gelosia, ad esempio, è giustificazione legittima al ricorso alla violenza maschile contro le donne. Ecco un esempio tratto dall’analisi della musica italiana contemporanea: (“«sei stata così perfida che / soffocherei tutti i respiri che fai […] voglio vederti strisciare e concederti a me […] ma prima inginocchiati, saziati / e concediti
ancora per l’ultima volta / accontentami, guardami, piangi, prega e chiedi scusa. / Devi dirmi voglio solo te / devi dirmi, hai ragione te / devi dirmi scusami e feriscimi / e implorami di non ucciderti» (Meschina, Modà 2008”).
Altro esempio di violenza gendered: nel mondo delle pubblicità analizzato in questo testo emerge chiaramente come, quando la violenza è rappresentata esplicitamente, sia gendered. Gli uomini vengono raffigurati nelle vesti di stupratori che agiscono palesemente senza il consenso femminile, procurando malessere e sofferenza, mentre le donne sono rappresentate nei (succinti) panni delle dominatrici, impegnate in un gioco sado-masochista, che quindi per definizione è consensuale. L’uomo è costruito come predatore naturalmente violento, la donna come bisognosa del consenso maschile per agire violenza. Violenza, in questo ultimo caso, agita per soddisfare un desiderio condiviso.
Come emerge nel testo, la violenza femminile possiede una carica destabilizzante molto più forte di quella maschile, e la sua messa in discorso richiede il contestuale utilizzo di dispositivi volti a mitigarla. Iscrivere la violenza femminile dentro un frame di gioco erotico serve proprio a questo – a normalizzarla e a non permetterle di destabilizzare un ordine di genere.
Le pubblicità prese in esame mostrano chiaramente come la violenza degli uomini uccide o umilia, mentre quella delle donne eccita.