“Pensala come me o t’ammazzo!”
di Valentina Tatti Tonni
I recenti fatti di cronaca che rimandano ad una semplificata forma di giustizia-fai-da-te, mi ricordano tanto quel periodo storico che va dalla seconda rivoluzione industriale ai primi trent’anni del Novecento. All’epoca più che di giustizia si poteva parlare di sopravvivenza e utilità sociale, di banditismo come avveniva ad esempio facendo parte del mercato nero durante le guerre o periodi di grave povertà, in cui il reato era soggiogato poiché in gioco, spesso, vi era lo scambio di generi alimentari di prima necessità. Questo ci può dare l’idea di come siano cambiate le cose nel corso del tempo, di come prima si potessero giustificare alcune azioni in relazione all’ambiente in cui ci si trovava a vivere, dove lo Stato o quel retaggio dittatoriale era impegnato al fronte e non poteva o non aveva l’ambizione di ricoprire un ruolo di assistenza perpetua al cittadino che di fatto è dovuto ricorrere a gesti che seppur primitivi gli hanno permesso di salvarsi la vita. Dunque, prima e in alcune circostanze, era lecito comportarsi in un modo che ora, invece, riteniamo profondamente sbagliato.
Uccidere, accoltellare, aggredire persone che semplicemente non la pensano come noi, oppure a cui la magistratura secondo la nostra percezione non ha adempiuto i suoi obblighi di giustizia, rispondiamo con la violenza. E sia ben inteso che questo “noi” rappresenta in modo generalista e plurale chiunque adotti, nella cronaca quotidiana, tali atteggiamenti.
Sul fronte politico, nel pentolone delle disuguaglianze fu sufficiente aggiungere un pizzico di insofferenza alla crisi economica del 2008 per dar adito alla formazione di gruppi nazionalisti la cui introspezione era ed è direttamente proporzionale al disagio sociale e al malcontento. All’esigenza di autodeterminarsi, questi gruppi di persone hanno dato ai più deboli l’illusione di poter esercitare attraverso di loro un controllo maggiore della giustizia, rispondendo evidentemente a quel dubbio diffuso che vede incapace la classe dirigente. Soffocata l’equità è stato veramente semplice per questi gruppi autoritari insinuare in questi soggetti deboli, che sembrano agire sotto un’influenza manipolatoria, una sorta di senso di colpa che potranno estirpare solo punendo i “veri” responsabili come i migranti, i commercianti che denunciano gli usurai mafiosi, la Stampa, i magistrati, gli insegnanti, gli esponenti di partiti, gli anziani, le donne, etc., in realtà, a guardar bene, solo capri espiatori di una politica che ha smesso da troppo tempo di fare il proprio lavoro.
Un ragazzino che sfregia con un coltello l’insegnante, una baby gang che maltratta un anziano per noia postando il video sui social network, un gruppo che pesta un esponente di un partito di destra, tre uomini che stuprano una ragazza, un uomo che spara sulla folla, un uomo che ne accoltella un altro perché stava affiggendo dei manifesti elettorali, una giornalista schiaffeggiata dalla moglie di un boss e via discorrendo. Sono fatti di cronaca realmente accaduti nell’arco di un solo mese, ed è quindi importante interrogarsi su cosa stia avvenendo e sui motivi per i quali questi fatti sembrano moltiplicarsi e giustificarsi nel tempo. Se sono fatti che trovano consenso nella gente, la politica dovrebbe intervenire in modo unanime per fermare sul nascere comportamenti che istigano all’odio e alla violenza, ripristinando un’educazione civica che non sia appannaggio di parlamentari avvezzi al potere, come se fosse considerata una nuova imposizione, ma che sappia ricondurre la società verso una verità oggettiva.
Dato che chiunque si sentirà minacciato risponderà alla provocazione con meccanismi di difesa che non sempre converranno con le regole che lo Stato sceglie a garanzia della propria incolumità, se queste regole saranno infrante, lo Stato reagirà a sua volta applicando la giurisprudenza. E’ un circolo vizioso che dovrebbe essere tenuto a mente, se non per prevederne la conseguenza, perlomeno evitare di perdere pensiero critico con il rischio di essere influenzato da chi si diverte a giocare con la nostra coerenza.
Mantenere consapevolezza circa quel che alcuni gruppi nazionalisti oggi vorrebbero farci credere è fondamentale per non ricadere negli errori del passato. Dopo la seconda guerra mondiale non siamo mai del tutto usciti da scenari bellici, pur ripudiando la guerra partecipiamo indirettamente a combattimenti terzi per aggiudicarci un ruolo sul podio delle potenze globali, cosa che ci spinge ad abbracciare la pace solo a parole: questo avrà sicuramente rafforzato gli ideali opposti. Eppure, voler riportare alla vita Mussolini o Stalin non è la soluzione, soprattutto in un Paese come l’Italia che ripudia nella sua Carta Costituente la formazione di simili gruppi. I disvalori, nefasti, del passato a causa della loro forma remota non possono adattarsi al presente, hanno connotati nostalgici che portano in sé interessi dissimili rispetto a quelli in vigore. Per questo il timore che il Fascismo, il Nazismo, il Comunismo (perché sempre di estremismi si parla) ritornino prepotentemente sulla scena attuale, imponendosi sulle persone come accadde in passato, sembra solo il frutto immaginifico di strumentalizzare le masse verso la presa del potere e tramite quei valori che all’inizio ci avrebbero indignato. Tanto più se i loro slogan continuano a comunicare sentimenti di mutevole egoismo con lo scopo di rintracciare bersagli utili alle aspettative della gente.