“Scritture al sociale”. 6 APRILE, 3.32
Di Patrizia Angelozzi
La notte svegliò tutti.
La paura e la consapevolezza di sapere che era accaduto qualcosa di grave, molto grave era distribuita in tutto il centro Italia.
Si pensò in un primo momento ad un terremoto a Roma, come riportava il televideo, poi le notizie arrivarono dal web e dai media in diretta. Il pensiero agli studenti, figli di amici, figli in ogni caso. Il tam tam delle telefonate, qualcuno si era salvato, aveva dormito vestito o era riuscito a fuggire in pigiama. Qualcuno era riuscito a divincolarsi tra le macerie. Di altri nessuna notizia. Abbiamo saputo più tardi, nei giorni, i nomi degli scomparsi per sempre. La casa dello studente…famiglie intere con sopravvissuti a piangere per sempre i ricordi. In una notte indimenticabile, qualcuno rideva pensando ai contributi che sarebbero arrivati, in buona percentuale nelle loro tasche. Mio figlio chiese “mamma, ma chi rideva, andrà in galera?”. Avrei voluto trovare risposte di giustizia in quei giorni e dopo. Non le ho trovate, non ci sono state. Il silenzio rumoroso del dolore, quello senza fine. Quello che come paternità ha avuto ‘rassicurazioni’ a ragazzi che avevano esami da dare, rimasti nonostante le scosse continue e poi morti, incastrati in un fermo-vita. Come nelle case, dove si riposava in attesa di riprendere il lavoro, la scuola, il bucato e la spesa. Perché ‘dicevano’ non c’era nulla da temere. In questo Paese du sole, dove la realtà degli orrori ci sveglia troppo spesso di soprassalto e ci fa inorridire. Poteva essere fatta prevenzione ? Potevano salvare 309 vite ? Col senno del poi, avremmo dovuto imparare ALMENO per i giorni a venire. Ma no…
Palloncini in volo e poesie da recitare all’aperto, dedicate a bambini, ragazzi, adulti, anziani. Vite. Che sono anche le nostre.
Da allora il 6 Aprile è stato negli anni anche nei giorni delle festività pasquali. Ma nessuno è risorto, neanche la coscienza di chi rideva.
6 Aprile, 3:32. Senza dimenticare.
Una risposta
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