“Stay human. Africa”. 13 GIUGNO: Giornata internazionale delle persone con albinismo
di Veronica Tedeschi
“TUTTE le volte che compilo un modulo che richiede di indicare la propria razza spunto ‘Nera’, anche se ho la pelle più chiara della maggior parte di quelli che spuntano ‘Bianca’.
Lo scorso 13 giugno si è celebrata la giornata internazionale delle persone con albinismo istituita dall’Onu per contrastare pregiudizi e discriminazioni che, in una rubrica sull’Africa non può non essere ricordata.
Questo perché il continente nero è quello in cui vengono maggiormente perseguitate le persone affette da ipopigmentazione congenita, cacciate come selvaggina, escluse o perseguitate Le bambine talvolta vengono stuprate perché si crede che possano guarire gli uomini affetti da Aids.
Alla base di tale violenza, c’è la credenza che gli albini siano dotati di poteri sovrannaturali o che portino semplicemente sfortuna. In Malawi, per esempio, le loro ossa vengono vendute e usate per riti magici poiché si ritiene che portino fortuna e salute. Se si pensa alla numerosità di casi di albinismo, si comprende facilmente l’incidenza di mortalità per questa causa. In Tanzania, un abitante su 1400 è albino mentre in Zimbawe uno su 1000.
Anche l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, comprendendo la gravità della situazione, ha adottato una Risoluzione chiamando l’attenzione sui continui attacchi a queste persone.
In Africa e nel mondo sono sorte associazioni e campagne per la sensibilizzazione e la difesa di persone affette da albinismo e, inoltre, a marzo di questo anno in ZImbawe si è svolto il primo concorso di bellezza “Miss Albinism”, organizzato per combattere i pregiudizi e che ha incoronato la 22enne Sithembiso Mutukura come la ragazza albina più bella.
A Sengerema, Tanzania, una delle città più famose per le violenze contro gli albini, è stato eretto un monumento in memoria delle vittime. Insomma, tra movimenti e campagne di sensibilizzazione, qualcosa si muove ma la forte spinta al cambiamento si avrà solo attraverso un vero e proprio cambiamento culturale. Tale mutamento, non dimentichiamo, è strettamente collegato anche al benessere di queste popolazioni, in mancanza del quale odio e discriminazioni hanno il loro benestare.
Per approfondire questa tematica si consiglia la visione di: “White Shadow” di Noaz Deshe, vincitore nel 2013 del Premio Opera Prima al Festival di Venezia, e “In the shadow of the sun” di Harry Freeland, vincitore del premio Sithembiso Mutukura come miglior documentario al One World Media Awards 2013.