Le accuse contro Amal Fathy: forse un tentativo di porre fine alle indagini di Mohamed Lotfy sulla morte di Regeni?
di Cecilia Grillo
Tutto ebbe inizio in quella giornata del 9 maggio 2018 quando Amal Fhaty, ex attrice e modella, moglie di Mohamed Lotfy, ex ricercatore di Amnesty International e attuale direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), organizzazione volta alla tutela dei diritti umani in Egitto, a seguito di ripetute molestie sessuali ricevute durante la giornata, pubblicò su Facebook un video di 12 minuti criticando il governo egiziano per essere incapace di proteggere le donne da molestie sessuali: “Today the policeman at the bank was talking dirty to me while grabbing his penis. Screw the police”. Queste, fra altre, le parole di Amal.
Il giorno successivo mezzi di informazione statali hanno identificato Amal Fathy come attivista del Movimento giovanile 6 Aprile, accusandola di “incitamento al rovesciamento del sistema, pubblicazione di menzogne e cattivo uso dei social media”.
Il procuratore di Maadi ha conseguentemente sottoposto Amal Fathy a carcerazione preventiva per la durata di 15 giorni in relazione al procedimento penale n.7991/18 (trasmissione di un video su Facebook come mezzo pubblico per incitare a rovesciare il regime egiziano, pubblicazione del video contenente notizie false che danneggiano la pace pubblica; uso improprio di internet) e il giorno successivo ha disposto il suo trasferimento nel carcere femminile di Qanater.
In data 13 maggio 2018 Amal è stata sottoposta ad interrogatorio dalla Suprema procura della sicurezza dell’Egitto in relazione alla sua partecipazione al Movimento giovanile 6 Aprile, all’ECRF e ad altre attività condotte dal marito.
È stata disposta nei suoi confronti un’ulteriore carcerazione preventiva, per la durata di 15 giorni, in relazione al caso 621/18 (appartenenza a un’associazione terroristica, uso di internet per promuovere idee e convinzioni che richiedono atti terroristici, diffusione di notizie false che danneggiano l’ordine pubblico e l’interesse nazionale).
In data 24 maggio la carcerazione preventiva di Amal Fathy, in relazione al procedimento penale 7991/18, è stata prolungata, senza che sia stata addotta alcuna motivazione, di ulteriori 15 giorni. L’appello, con cui la Fathy aveva impugnato la decisione della Procura di Maadi, è stato respinto il 30 maggio.
Diversi sono gli appelli nazionali e internazionali per la liberazione di Amal: dall’eurodeputata Pd Isabella De Monte, vice capodelegazione italiana a Bruxelles, che ha presentato un’interrogazione urgente alla vicepresidente della Commissione Ue e Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza.
“Sappiamo – ha specificato la De Monte – che Fathy è moglie di Mohamed Lofty, direttore della Commissione egiziana per le libertà e i diritti, nonché consulente legale della famiglia Regeni sul caso della morte del giovane Giulio. L’arresto è inoltre avvenuto a pochissimi giorni dalla missione degli inquirenti italiana, oggi in Egitto per visionare i video delle telecamere a circuito chiuso che potrebbero fornire nuovi elementi sul rapimento e l’uccisione di Regeni”.
Alla stessa famiglia Regeni: dal 13 di maggio la madre di Giulio Regeni, Paola Deffendi, è in sciopero della fame che porterà avanti fino alla scarcerazione di Amal, con lei protestano alcuni esponenti politici, fra cui Laura Boldrini e Monica Cirinnà, e la legale Ballerini, che afferma insieme a Deffendi «Da donne siamo particolarmente turbate per il protrarsi della detenzione di Amal. Vi chiediamo di digiunare con noi fino a quando Amal non sarà libera».
Secondo quanto riportato dall’avvocatessa Ballerini e Paola Deffendi, vi è una stretta connessione tra l’arresto dell’attivista Amal Fathy e le indagini sulla morte di Giulio.
In data 21 giugno 2018 la Corte Penale del Cairo ha approvato il rilascio su cauzione della donna in relazione all’accusa di cui al caso 7991/18, ma il 2 luglio la Suprema procura della sicurezza dell’Egitto ha previsto l’estensione della carcerazione preventiva, in pendenza di indagini, per il caso 621/18, per ulteriori 15 giorni. La prossima udienza per rivedere il provvedimento di detenzione preventiva è fissata per il 15 di luglio.
Le condizioni di Amal sono progressivamente peggiorare, fino ad arrivare al giorno del 2 luglio quando la donna non risultava essere in grado di camminare da sola e le è stata diagnosticata una paralisi alla gamba probabilmente causata dello stress acuto provocato dalla detenzione arbitraria.
Autorità governative e ONGs internazionali richiedono l’immediato e incondizionato rilascio di Amal Fathy e la garanzia che la stessa abbia accesso ad adeguate cure mediche e psichiatriche, ma, nonostante le ripetute pressioni mediatiche, fino a quando il Tribunale del Cairo riuscirà a concedere rinvii al fine di occultare la verità?