“Imprese e diritti umani”. Che cosa significa che un’impresa è socially responsible? Evoluzione del concetto di Corporate Social Responsibility nel tempo.
di Cecilia Grillo
Il governo e le modalità di azione societarie si riconnettono a una serie di questioni economiche, politiche e sociali di importanza centrale per il benessere globale nel 21° secolo.
La capacità economica e il conseguente potere delle multinazionali rendono queste ultime istituzioni in grado di apportare enormi benefici, così come di arrecare gravi danni. È quindi fondamentale identificare i vari vantaggi e svantaggi della forma societaria e capire come massimizzare i guadagni economici riducendo al minimo le perdite sociali e ambientali derivanti dalle attività aziendali: ciò richiede un apprezzamento di come la società contribuisca alla prosperità e al benessere umano e di quali siano i rischi che possa arrecare agli ambienti naturali e sociali in cui opera.
È proprio per questo che si parla di CSR: per responsabilità sociale d’impresa (CSR o RSI) si intende un modello di business autoregolamentato che aiuta un’azienda a essere socialmente responsabile, nei confronti di sé stessa, dei suoi stakeholder e del pubblico.
Mettendo in pratica tale modello di responsabilità sociale, chiamata anche cittadinanza aziendale, le aziende possono essere consapevoli del tipo di impatto che producono su tutti gli aspetti della società, compresi quelli economici, sociali e ambientali: con l’attuazione di modelli di CSR un’azienda, nel normale svolgimento delle proprie attività, opera affinché migliorino aspetti legati alla società e all’ambiente, invece di avere un impatto negativo su di essi.
Ai suoi primordi la responsabilità sociale di impresa veniva considerata come prodotto del processo di industrializzazione vigente in quel periodo storico: con lo sviluppo societario nel 1870, le grandi aziende dovevano delimitare l’un l’altra i propri confini, fino ad arrivare agli anni ’20, quando in America le organizzazioni sindacali ed i lavoratori iniziarono ad esercitare pressione sulle aziende, tanto da riuscire ad ottenere una prima tutela legislativa contro il monopolio degli industriali: i managers venivano sottoposti a sempre maggiori sollecitazioni vertenti sul controllo che dovevano esercitare in relazione alle condizioni sanitarie, lavorative, di sicurezza dei lavoratori.
In un primo momento si riteneva che la sola responsabilità della società fosse quella di fornire un rendimento finanziario massimo agli azionisti: il ruolo dell’impresa era quello di conseguire utili e massimizzare il capitale.
Già dagli anni ‘60 tuttavia i primi gruppi di attivisti sociali avevano iniziato a protestare richiedendo lo sviluppo di una più ampia nozione di responsabilità aziendale, che è stata effettivamente introdotta con la legislazione sociale dei primi anni ’70 attraverso la creazione di una serie di istituzioni quali l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA), l’Equal Employment Opportunity Commission (EEOC), l’Occupational Safety and Health Administration (OSHA) e la Consumer Product Safety Commission (CPSC).
Ha preso così sempre più piede una differente concezione di impresa, volta alla tutela non solo degli interessi economici dei soci e degli azionisti, ma anche degli stakeholders, cioè di tutti coloro che sono legati all’impresa attraverso rapporti contrattuali o attraverso gli effetti sia postivi che negativi che l’attività societaria esercita su di essi: lavoratori, fornitori, clienti, abitanti di zone limitrofe all’impresa, etc.
Grazie alla creazione di tali organismi governativi, la politica pubblica nazionale ora riconosce ufficialmente la tutela dell’ambiente, dei dipendenti e dei consumatori, che vengono considerati quali attori importanti e legittimi nei confronti dell’attività di impresa. A partire da questo momento i dirigenti aziendali hanno dovuto trovare un bilanciamento fra i loro obblighi nei confronti dei proprietari della società e quelli nei confronti di un gruppo via via più ampio di stakeholders che rivendica diritti sia legali che etici.
Un altro passo in avanti è rappresentato dal fatto che, se inizialmente solo il manager poteva essere considerato titolare di tali obblighi “morali”, fra gli anni ’60 e ’70 tale titolarità si è estensa anche all’impresa e per questo si inizia a parlare effettivamente di Corporate Social Responsibility.
Proprio a fronte dello sviluppo del concetto di responsabilità di impresa, la Guida sulla responsabilità di impresa sociale ISO 26000 l’ha definita quale ““Responsabilità da parte di un’organizzazione per gli impatti delle sue decisioni e delle sue attività sulla società e sull’ambiente, attraverso un comportamento etico e trasparente che: contribuisce allo sviluppo sostenibile, inclusi la salute e il benessere della società; tiene conto delle aspettative/interessi degli stakeholder; è in conformità con la legge applicabile e coerente con le norme internazionali di comportamento; è integrata in tutta l’organizzazione e messa in pratica nelle sue relazioni”.
Ma quali sono i fattori che hanno maggiormente contribuito allo sviluppo del concetto di corporate social responsibility? Innanzitutto la globalizzazione dell’economia: con l’opportunità di entrare in nuovi mercati, le aziende affrontano anche nuove sfide, differenze legislative; ci si trova di fronte a una diversa percezione da parte del pubblico nei confronti di fenomeni quali il lavoro minorile, corruzione, diritti umani, protezione dell’ambiente, ecc.
Secondariamente lo sviluppo di organizzazioni non governative; infatti a causa dell’esplosione del numero di ONG e associazioni, le imprese hanno dovuto giustificare in modo appropriato le proprie azioni. Si sono così sviluppate differenti iniziative quali ad esempio quella consistente nella creazione di fondazioni con lo scopo di sostenere carità, salute pubblica, ricerca, di abbassare il tasso di disoccupazione e di fungere da “canale parlante” per coloro che vogliano esprimere le loro preoccupazioni o proposte nei confronti di amministratori o dirigenti societari.
Anche fattori politici hanno contribuito notevolmente: sono state sviluppate proposte relative alla responsabilità delle società da parte di organizzazioni quali l’Organizzazione internazionale del lavoro, l’OCSE e i governi di Gran Bretagna, Francia, Unione europea. Son state così varate nuove linee guida in tema di trasparenza, diritti umani, commercio, corruzione e governo societario, che a volte sono state in grado di incentivare le grandi imprese a sviluppare codici etici o strategie di CSR.
Infine anche l’opinione pubblica ha avuto la sua parte, richiedendo alle aziende di diventare socialmente responsabili, grazie alla presenza di un numero crescente di ONG, all’adozione di varie regole/codici commerciali sulla responsabilità sociale/sostenibilità, allo sviluppo di strategie di marketing e al rapporto sempre più stretto tra la reputazione di un’azienda e il suo livello di coinvolgimento nella comunità.
In conclusione, a seguito dello sviluppo nel tempo del concetto di responsabilità di impresa, questa ultima, perché possa avere un effettivo impatto positivo nello svolgimento delle attività di impresa, deve essere pensata secondo quattro categorie: responsabilità economica, legislativa, etica e filantropica.
Assieme alla responsabilità economica, incentrata, come ho precedentemente accennato, sulla finalità di profitto che deve dirigere e guidare l’attività di impresa, riveste notevole importanza anche la responsabilità legislativa.
È infatti necessario che le imprese rispettino le leggi e i regolamenti promulgati dai governi federali, statali e locali come fondamento in base al quale queste devono operare; come parziale realizzazione del “contratto sociale” tra impresa e società, le imprese sono tenute a perseguire le proprie operazioni economiche nel quadro della legge, riflettendo così una visione di “etica codificata”.
Per responsabilità etica invece si intende quella responsabilità comprensiva degli standard, norme o aspettative che riflettono una preoccupazione per ciò che i consumatori, i dipendenti, gli azionisti e la comunità considerano equo, giusto o in armonia con il rispetto o la protezione dei diritti morali delle parti interessate, la quale differisce dalla responsabilità filantropica, che comprende quelle azioni societarie in risposta alle aspettative della società che le imprese agiscano correttamente.
Lo sviluppo del concetto di CSR dagli anni ‘20 del ‘900 ad oggi è stato notevole, ma si può fare ancora molto per rendere le realtà di impresa maggiormente sostenibili e attente alle esigenze sociali grazie al contributo incessante dell’opinione pubblica e al supporto degli stakeholders.