“LibriLiberi”. La resistenza intima – Saggio su una filosofia della prossimità
di Alessandra Montesanto
La vita umana è complessa, così come l’Essere umano. L’attualità, inoltre, non permette a molti di condurre un’esistenza serena, complicando e moltiplicando quelle che sono le difficoltà e le paure di ciascuno di noi.
Il filosofo e docente spagnolo Josep Maria Esquirol, nel suo ultimo saggio intitolato La resistenza intima – Saggio su una filosofia della prossimità, edito da Vita e pensiero, suggerisce la possibilità di una forma di resistenza legata alla sfera affettiva e alla quotidianità.
“Chi va nel deserto è un resistente”, scrive Esquirol: resistente, infatti, è colui che non desidera colonizzare o dominare. Vuole, invece, essere utile agli altri e non perdere se stesso. Facile oggi perdersi: seguire il canto illusorio delle sirene che impongono di essere ricchi, giovani, pre-potenti, anche eterni. Chi si interroga sulla finitudine dell’Uomo, sulle sue debolezze e fragilità, sul senso dell’esistenza capisce quanto sia necessario resistere alle contraddizioni del presente, agli ostacoli e alla disgregazione che provengono dall’ambiente esterno, oltre che agli impulsi interiori.
Molti sono stati i filosofi antichi che si sono interrogati proprio sul rapporto tra la condizione umana e tutto ciò che la circonda: sulla nascita del Cosmo, sull’esistenza di un dio a cui affidarsi, su come affrontare la morte, che è la più grande paura delle persone. Il nichilismo, ad esempio, secondo l’autore può essere la base per la resistenza: il processo nichilista, dall’etimologia del termine stesso (“senza filo”) significa perdere il legame, la relazione ed ecco che allora da lì si deve ricominciare. Per ritrovare il centro, l’equilibrio e accettare anche la nostra Natura a termine bisogna riflettere sul nostro corpo e sulla nostra pelle che sono limite, confine, ma anche apertura e congiungimento con l’Altro. Husserl sosteneva che l’Uomo è provvisto di coscienza e già per questo, in lui, è prevista l’Alterità perchè ognuno di noi deve fare i conti con un altro da sé, trascendendosi.
Importanti, quindi, nel libro, i capitoli e i paragrafi dedicati al ritorno a casa, alla diversità e all’accoglienza: il ritorno (il nostos greco), la casa (la demeure di Derrida) come riparo e rifugio, l’accoglienza come il ripiegamento prima su se stessi per analizzarsi e poi l’apertura verso chi è differente, ma tanto simile a me. Da Eraclito ad Anna Arendt si sottoliena quanto sia importante la quotidianità, la capacità di vivere giorno dopo giorno, con gesti semplici, come stare seduti accanto ad un camino o come dedicare un abbraccio, per recuparare la naturalezza dello stare nel mondo. Ma il mondo siamo sempre noi. E’ importante, allora, per attuare la resistenza costruttiva e feconda, utilizzare al meglio anche il linguaggio: la parola consolante, la parola amicale, la parola che fa da ponte per tessere relazioni di amicizia, rispetto, amore.
Ogni individuo deve pensarsi come parte di un Tutto e collegato agli altri, ma non in maniera asettica e anche un po’ vigliacca all’interno della rete digitale: sarebbe importante ricominciare a parlare al vicino di casa, al collega, al parente più anziano, ritrovando, di volta in volta, le parole giuste, gli argomenti comuni, per ricreare quel terreno solido e sicuro su cui procedere insieme. E questo vale anche per i settori della Politica e dell’Informazione, per restare su un piano di realtà e non cadere nella discussione teorica e basta. Oggi l’informazione è frammentata e superficiale, così come lo sono le nostre identità: si viene così a creare quello che Esquirol definisce “l’impero del vuoto… L’impero di uno sbrigativo senso acritico”. Per quanto riguarda la politica, riprendendo le pagine bellissime di Kant e l’esempio della colomba, il filosofo spagnolo ricorda che si deve recuperare il senso della libertà fintantochè non si vada a limitare quella di un altro, il senso di responsabilità e il valore della fortezza che significa onestà intellettuale e rigore etico.
Ognuno di noi può decidere di attraversare il deserto oppure cavalcare le onde dell’oceano: il deserto può essere tranquilizzante perchè orizzontale pianura, ma nel deserto si è soli. L’oceano è abisso, ma anche immersione nel profondo. L’Uomo, però, ha un’altra possibilità: alzare gli occhi al Cielo e trovare lì, forse, un po’ di quiete.