Tra le pieghe di Dubai
di Alessandra Montesanto
Siamo stati a Dubai di passaggio. Grattacieli, superfici riflettenti, moschee di nuova costruzione, l’edificio più alto del pianeta, il mall più grande del mondo, piscine, alberghi favolosi. Sono ricchi, molto. Sono competitivi con l’Occidente, molto. Una metropoli all’avanguardia, immensa, in mezzo a quello che prima era tutto deserto e poi è arrivato il petrolio. E con il petrolio, il business.
In un paio di giorni, le persone che abbiamo incrociato sono state tutte gentili, è vero. Ma il nostro sguardo si è rivolto a quelle che hanno permesso, e permettono, che la città si espanda, diventi sempre più opulente, capitalistica, sfacciata.
Il nostro omaggio vuole andare a coloro che – silenziosi e educati – lavorano negli hotel (quasi “favoriti” perché svolgono le attività spesso in ambienti abbastanza puliti e con l’aria condizionata); a coloro che puliscono i giardini; alle cameriere e ai camerieri che ci servono nei ristoranti; agli addetti alla sicurezza; ai tecnici che fanno funzionare la metropolitana; agli operai che lavorano all’aperto (e vi possiamo assicurare che la temperatura, in agosto, raggiunge livelli altissimi e che l’afa toglie il respiro).
Gira l’Economia, si fa sviluppo, ma sulle spalle e la pelle dei meno fortunati. Così è. E, ovviamente, questo non riguarda soltanto Dubai.
Come si può notare dalle foto (riprese con il cellulare, purtroppo, ma speriamo che rendano l’idea), queste lavoratrici e questi lavoratori sono quasi sempre immigrati dagli altri Paesi dell’Asia, molti dall’Africa. E svolgono mestieri faticosi, il più delle volte. Ci chiediamo come e dove vivano, quanto vengano pagati; che Futuro si aspettano – per sé o per i propri figli – e da quale Passato provengano…Ci sentiamo a disagio nel guardare il lusso che ci circonda – unico marchio dell’identità di Dubai – mentre fotografiamo i loro volti, i loro gesti, i loro passi: faccio un sorriso per far capire “da che parte sto”, per non sentirmi troppo in colpa, ma fortunata.
Domani riprende il viaggio per la nostra destinazione: l’Oman. Sarà diverso, dicono. Sicuramente più interessante e intenso, ma a poca distanza, al confine, si trova lo Yemen e mi riprende il senso di frustrazione. E mi sento sempre più fortunata.