Il Naga ci chiama e noi rispondiamo. Ecco l’appello e la richiesta di partecipare alla mobilitazione:
Il Ministro dell’Interno ha recentemente annunciato la propria intenzione di trasformare la struttura di proprietà del Ministero della Difesa di via Corelli, attualmente Centro di Accoglienza Straordinaria, in un Centro Per il Rimpatrio (CPR), secondo la nuova denominazione scelta dalla Legge Minniti-Orlando dello scorso anno; si tratterebbe, come i più ricorderanno, di un triste ritorno al passato, dal momento che la stessa struttura ospitava in passato il CIE, istituto al quale quello nuovo del CPR è del tutto identico, salvo alcuni ritocchi puramente cosmetici.
Già nella primavera del 2014 si assistette a un primo tentativo di riaprire il CIE di via Corelli, contro il quale anche noi ci mobilitammo; tale tentativo infine fallì, anche per la ferma opposizione dell’Amministrazione comunale, che anche in questa occasione si è pronunciata negativamente.
Nel clima attuale, la riapertura a Milano di un centro di detenzione amministrativa avrebbe indubbiamente un impatto pesantissimo sulla vita quotidiana delle persone migranti presenti in città, diventando oltretutto una nuova, formidabile arma di ricatto in mano a datori di lavoro, locatari e operatori dell’accoglienza disonesti.
Contro questa ipotesi, noi pensiamo sia possibile e necessario dar vita ad un movimento di opposizione solido e ampio, che coinvolga tutti i soggetti che quotidianamente s’impegnano per il supporto e la tutela dei diritti delle persone migranti, ma anche quante e quanti hanno a cuore il rispetto della dignità e la difesa dei diritti fondamentali che spettano a ogni essere umano: come Naga, abbiamo ripetuto molte volte, nei 31 anni della nostra attività, che ciò che viene sperimentato sulle persone migranti, prima o poi sarà praticato su settori sempre più ampi della popolazione, e purtroppo ne abbiamo avuto nel tempo numerosi riscontri.
Già in città si levano voci contrarie alla riapertura del lager di via Corelli, ma possibiliste circa la sua collocazione fuori dalla città di Milano; pur considerando possibile una temporanea convergenza tattica con questi soggetti sulla base della situazione contingente, noi vogliamo invece che sia chiara la nostra contrarietà a qualunque forma di detenzione conseguente a una semplice condizione amministrativa e non collegata a fatti di tipo penale, così come al prolungamento indebito della pena anche per chi essendo stato riconosciuto colpevole si trova a scontare una “doppia pena”, prima in carcere e quindi nel CPR; noi riteniamo che queste siano aberrazioni giuridiche che vanno cancellate, e non nascoste in luoghi fuori mano.
Un’altra importante preoccupazione per noi riguarda la sorte delle persone attualmente ospitate nel CAS di via Corelli, ma anche in quelli contigui di via Aquila, dei quali non è noto il destino: gli abitanti di quelle strutture per noi non sono numeri, ma persone con le quali abbiamo costruito percorsi di partecipazione alla vita sociale e politica della città, opportunità di studio e di lavoro, e non ultimo relazioni di amicizia; gli esseri umani non possono essere semplicemente spostati qua o là secondo le convenienze del potere, e nell’atteggiamento tenuto da alcune istituzioni statali e locali noi intravediamo l’emergere di un profondo pregiudizio razzista.
Diremo perciò un “NO” forte e chiaro alla trasformazione del CAS di via Corelli in struttura detentiva, ma anche “NO” all’apertura di CPR in qualsiasi altro luogo, tornando a chiedere la chiusura di quelli esistenti; per questo riteniamo indispensabile che si attivino forme di coordinamento e collaborazione concreta anche con altre realtà esterne alla nostra città, e in particolare in Lombardia, che tuttavia ci sembrerebbe più efficace contattare dopo un primo confronto a livello cittadino.