Medi@gorà. Il Presente e il Futuro dell’informazione
A cura di Alessandra Montesanto
Cosa cambia nel mondo dell’infomazione con l’avvento del digitale? Una riflessione sulla professione del giornalista, sul ruolo dei fruitori, sul Diritto alla libertà di espressione e molto altro: questi i temi affrontati nel convegno intitolato “Medi@gorà: il Presente e il futuro dell’informazione”, organizzato da Associazione Chiamamilano, 24-25 ottobre 2018.
Peccato che tra i relatori ci fosse soltanto una donna, forse per impegni precedentemente presi da altre giornaliste invitate.
Associazione Per i diritti umani riporta, per voi, parti di alcuni interventi. Crediamo siano ottimi spunti di riflessione.
Paolo MADRON, Direttore di Lettera43: il giornalismo digitale deve essere, lui stesso, distributore della notizia. Più che produttore, il giornalista è diventato distributore. Il passaggio programmatico alla pubblicità è molto importante perchè, oggi, contano quanti click vengono messi a un articolo. L’informazione online è gratuita, mentre il cartaceo si paga e questo è un altro tema molto importante perchè bisogna scrivere gli articoli, ma anche essere capaci di etenere i rapporti con i clienti. Il risultato è che per garantire un’alta qualità dell’informazione, servono i finanziamenti.
Elena VIALE, di Vice Italia: classe ’91, sono una nativa digitale. “Vice” è anche un brand, un’agenzia creativa e questo ci permette di non preoccuparci troppo del budget perchè siamo una media-company: per noi è importante il taglio esplicativo della notizia più che essere “sul pezzo” e tagliamo l’articolo a seconda del mezzo (social, video, sito) con cui lo distribuiamo, adattandolo alla piattaforma.
La nuova generazione, quella dei “millennials”, ha poca capacità di concentrazione e questo è,secondo me, il problema del Futuro.
Piero COLAPRICO, caporedattore de La Repubblica:ci vuole specializzazione. Io non posso rivolgermi ai millenials, ma alla carta stampata perchè il digitale e il giornale hanno contenuti diversi. La generazione che si è formata sui libri conosce il tempo della riflessione, mentre oggi la soglia dell’attenzione è molto bassa e questo alimenta l’ignoranza e l’arroganza.
Durante i nostri anni ’70 la stampa ha avuto un ruolo molto importante nel mantenere salda la democrazia, in quei tempi così bui. Oggi la stampa deve mantenere quel ruolo anche se è difficile perchè i finanziamenti provengono da capitali esteri.
Far capire cosa sta succedendo: questo è il mestiere del giornalista. Non basta “dare” le notizie o replicarle, bisogna anche spiegarle.
Claudio AGOSTONI, Radiopopolare: oltre a lavorare per Raiopopolare, scrivo anche per agenzie che si occupano di viaggi e scrivere per un blog è molto difficile perchè le parole sono indicizzate, mentre per la stampa cartacea abbiamo a disposizione l’intero vocabolario. Oggi c’è un mischione tra informazione e pubblicità: a Radiopopolare ognuno di noi fa due o tre lavori, ma questo ci garantisce l’indipendenza.
Una volta la radio era il mezzo più veloce, poi è arrivato Internet e abbiamo divuto ripensare a tutto il meccanismo: si può costruire il palinsesto, uscendo dall’omologazione, con approfondimenti e giocando con voici, suoni, rumori ad esempio oppure con rimandi al blog, con immagini, etc. Oggi la radio deve essere molto più articolata, senza però mischiare il mondo dell’informazione con il Mercato.
Infine: non tutti, nel mondo, hanno la possibilità dia ccedere al mondo dell’informazione…C’è chi non possiede né un pc, né un cellulare e neanche la moneta per acquistare il giornale cartaceo.
Gianluca NICOLETTI, Radio24: non bisogna cadere nella nostalgia dei tempi andati, ma applicare alcune categorie della diffusione del sapere anche nell’era digitale. La vera novità non è la tecnologia perchè a questa ci si deve adattare. La vera differenza riguarda la nostra autoconsiderazione, quello che rappresentiamo in quanto informatori. Abbiamo in mano le fonti, ad esempio, anche se quelle chiuse sono sempre più limitate, mentre le fonti aperte sono a disposizione di tutti. Quindi, noi giornalisti cosa abbiamo in più? Il problema più urgente è l’uscita dal cerchio protettivo del rango professionale. L’umanità è fatta anche di imbecilli e questo è un pericolo (come diceva Umberto Eco), ma l’imbecillità è la parte più fondante della società odierna. Fino a pochi anni fa, non c’era questo contatto diretto con il pubblico che è anche, a volte, imbecille, iroso, infantile. Il tema, quindi, è gestire il dissenso, gestire l’attualità allo stesso modo delle altre persone. Il mediatore di informazione deve gestire anche la propria parte umana.
Enrico MENTANA, Direttore Tg7: la convergenza tecnologica è sfavorevole al giornale perchè i giovani d’oggi hanno mille modi per informarsi e il giornale è, per loro, anacronistico; non c’è profondità storica dell’oggetto-giornale.
La disintermediazione va a cozzare con il web: nessuno è capace di setacciare ciò che è importante sapere e ci si illude di informarsi in base a ciò che, in realtà, consiglia un algoritmo.
Ci sono soggetti sempre più pulsanti e noi dobbiamo tenerne conto in continuazione con giornali visualmente e chiaramente al servizio dell’utente. A me piace immaginare che se assistessimo al decesso del cartaceo, noi saremmo in grado di perpetuare la conquista civile del Diritto all’informazione, con un’informazione credibile, non in mano ai pifferai che la confondono con la propaganda.
Peter GOMEZ, direttore de Il fatto quotidiano: come giornalisti abbiamo notizie da dare, poi come le diamo è totalmente indifferente. Se riesco a dare informazioni e a pagare gli stipendi, posso dire di aver fatto il mio lavoro. Voglio poter dire le cose che ritengo giusto e doveroso dire e trovare i soldi: questo è il nucleo.
Pensavo che la strada dell’online fosse semplice e che raggiungesse moltissime persone, ma l’Italia è un Paese di vecchi e il voto lo decide ancora la TV. Oggi si deve raccontare quello che le persone ancora non sanno perchè l’utente digitale può confrontare tutte le piattaforme; questo rende i giornali più liberi, ma mette in crisi i cartacei. Il lettore medio, ad esempio, si chiedono perchè la stessa notizia viene data in maniera diversa da due testate, perchè la stessa notizia viene trattata con due pesi e due misure. Viene, quindi, messa in crisi la credibilità della carta stampata.
Alessandro SALLUSTI, Direttore de Il giornale: Se volete che io mi alzi dalla sedia per lasciare il posto a voi giovani, scordatevelo. Anche noi abbiamo fatto fatica, prima di voi.
La Storia dell’editoria dimostra che hanno successo i giornali “di parte”. Nessun giornale è super partes perchè non lo sono né gli editori né i giornalisti. La libertà, per me, è la libertà di essere di parte. I giornali hanno senso perchè hanno una visione di parte che prevede anche le censure.
Il mezzo Internet è sopravvalutato perchè da tutti i punti di vista, anche numerico, questa innovazione non ha prodotto risultati strabilianti. Anche i siti hanno un editore, un’identità, una linea. Il rischio sta nel fatto che la nuova gente che si informa abbia accesso all’informazione tramite i social e sono i social a fare la scelta di quello che deve essere letto. Nel metodo antico si sapeva chi dava l’informazione e come la pensava, oggi non si sa. Oltretutto l’informazione è pilotata dall’algoritmo che capisce quali siano le posizioni, le idee, gli interessi dell’utente. L’informazione è in mano ad un monopolio che è quello di Google; il problema, quindi, non riguarda la produzione, ma la distribuzione delle notizie.
Peter GOMEZ: Sallusti ha ragine dal punto di vista teorico, ma non da quello pratico perchè se hai dei buoni social manager riesci ad allearti con il monopolio. Il brand pubblicitario condiziona l’aquisto di un prodotto e questo è ciò che è accaduto con le elezioni del presidente USA: hanno pubblicizzato il voto per Trump, spendendo miliardi di dollari per la campagna elettorale sui social. Ma anche le televisioni condizionano le elezioni.
Se vogliamo intervenire antimonopolio a livello europeo, benvenga, ma la storia è sempre la stessa e sono i mezzi che cambiano. Spotify e Netflix stanno creando la tendenza che le cose debbano essere pagate. Sta cambiando qualcosa anche sul digitale, quindi perchè è la vita stessa a mutare ed è fatta di alti e bassi. Bisogna confrontarsi anche con le bassezze e lo può fare anche un grande giornalista se la finalità è quella di pagare gli stipendi. Non bisogna vergognarsi, se serve per tenere in piedi il progetto editoriale.
Michele MIGONE, Radiopopolare: 40 anni fa Radiopopolare era il web di adesso. Non abbiamo più le fonti e il pubblico di una volta: ad esempio, abbiamo chiuso “microfono aperto” perchè ci siamo accorti che il tono del pubblico era lo stesso di quello sui social, spesso aggressivo.
Tramite il digitale ampliamo la nostra comunità che è molto definita a livello politico. Sul digitale siamo ancora un po’ indietro, ma vediamo comunque una buona curiosità da parte dei giovani.
Ci sarà sempre qualcuno che elabora le informazioni e c’è bisogno di onestà intellettuale nel farlo perchè così si conquista autorevolezza. Senza l’uso strumentale della notizia.
Luigi VIGNATI e Michele MOZZATI, “GINO e MICHELE”: la società è in profonda trasformazione in vari settori. Anche noi siamo direttori di un prodotto cartaceo, l’agenda Smemoranda che ha avuto un calo di vendite negli ultimi anni, ma resiste. E’ un prodotto su cui scrivere e anche da leggere ed entra nelle scuole dove le generazioni si rinnovano per cui il prodotto è stato ridimensionato.
Stiamo assistendo ad un ulteriore fase storica in cui c’è mancanza di ignoranza (Jannacci): hai sempre da eccepire, criticare, puntualizzare. L’ignoranza, oggi, sta prendendo il Potere, non solo in politica, ma anche in TV, nello spettacolo, nell’editoria libraria, etc. perchè tutti possono rivoluzionare tutto, grazie allo sdoganamento dell’ignoranza.
Nel web bisogna saper “pescare”; il web non è del tutto negativo e oltre a questo è gratuito. Noi, ad esempio, abbiamo iniziato a pubblicare “Le formiche” con le battute di persone comuni e non di comici affermati (“Non è vero che i genitori sono obbligati a vaccinare i figli. Solo quelli che vogliono tenere”).
Bisogna imparare a distinguere e a selezionare.
Non c’è confine, oggi, dice Michele, tra verità e verosomiglianza e questo fa paura perchè in questo modo si può manipolare l’opinione pubblica. Parte dei cambiamenti degli ultimi anni dipendono da questa confusione tra vero e falso, tra notizia reale e contraffatta.