Venezuela. Lorent libre!
di Tini Codazzi
Una foto scattata all’alba, palazzi anonimi, alcuni alberi, in fondo le nuvole. Una foto che per la maggior parte di noi è una foto senza senso, priva di significato, perfino brutta, ma per chi l’ha scattata ha un senso enorme, è la vista da una finestra, un momento che sicuramente vale oro e che nessuno di noi potrà mai capire fino in fondo. Sotto la foto questi pensieri:
“Questa foto è la vista dalla finestra che ho in questo momento e che per molti anni avrei voluto avere. Un pezzo di me è rimasto in quel posto. Non ho potuto dormire sapendo che mentre sono in questa stanza, degli innocenti, in questo momento, sono dentro la cella che io ho occupato per anni, fino a due giorni fa”
Questa immagine anonima e questi pensieri arrivano dalla mano di Lorent Saleh, pubblicati nel suo account di Instagram, all’indomani della sua liberazione improvvisa e dall’allontanamento dalle terre venezuelane.
In passato avevo scritto su di lui diverse volte, perché la sua tragica storia è veramente sorprendente e piena di coraggio: http://www.peridirittiumani.com/2018/07/04/tra-le-rovine-del-venezuela-un-aggiornamento/, http://www.peridirittiumani.com/2018/05/18/venezuela-lelicoide-in-fiamme/, http://www.peridirittiumani.com/2017/07/05/venezuela-scudi-di-legno-e-popolo-fantasma/
Una storia che ho conosciuto 3 anni fa e che mi ha causato molta angoscia, impotenza, rabia, paura. Pensavo alla sua mamma, alla sua famiglia, a questo semplice ragazzo che voleva vivere in un mondo utopico. Non potevo capire la ragioni per cui era stato incarcerato, più leggevo e indagavo su di lui, meno trovavo cose che giustificassero il comportamento crudele da parte del governo venezuelano. Lorent ha un passato di attivista, di difensore dei diritti dei venezuelani iniziato nel 2007, è stato uno dei primi ragazzi giovanissimi a far accendere i riflettori sulla situazione venezuelana e perciò subito dopo sono arrivati gli anni di esilio forzato. L’incubo vero e proprio inizia con l’estradizione nel 2014 da parte dell’allora presidente colombiano e Premio Nobel per la Pace, Juan Manuel Santos; la consegna alla polizia del servizio di intelligenza venezuelana di Nicolas Maduro, la prigionia nel carcere di massima sicurezza chiamato “La Tumba”, le torture, l’isolamento, le ingiustizie subite, i tentativi di suicidio, 4 anni di prigionia senza diritto a un processo. Non si è mai capito fino in fondo il perché di questo accanimento contro di lui, un ragazzo fuori dai circoli politici, difensore dei diritti umani e della libertà del suo paese. Non si capisce nemmeno il modo in cui è stato rilasciato, pochi giorni fa, scarcerato tra mille rumori, messo in una macchina verso l’aeroporto Simón Bolivar di Caracas e spedito come un fulmine su un aereo per la Spagna. Sterrato. Senza poter salutare la madre, la fidanzata, la famiglia e gli amici. In questo momento è a Madrid, iniziando un percorso di sanamento psicologico e fisico. Durante la conferenza stampa organizzata da lui e la sua famiglia martedì 23 ottobre, Lorent ha dimostrato dignità e pacatezza, qualunque altra persona avrebbe reagito diversamente davanti a tanta ingiustizia sofferta, invece no, lui ha dato una lezione di maturità, forza e amore verso la sua terra. Ha raccontato che non aveva idea che l’avrebbero fatto uscire di prigione e nemmeno che sarebbe stato sterrato in Spagna, pensava che sarebbe rimasto in prigione per molto tempo ancora. Ha parlato delle sue ferite sul corpo e sull’anima, dei segni sul corpo che si porterà dietro per tutta la vita e della difficoltà di far sanare quelle ferite che ha sul cuore.
Lorent Saleh è un ragazzo con una forza di volontà e una consapevolezza ammirevole, i suoi pensieri, anche dietro le sbarre erano di una lucidità sorprendente. Ci si può riempire di odio verso gli altri e verso il mondo, lasciarsi andare definitivamente, pensare che tutto è finito. A lui è successo, ha tentato il suicidio due volte perché secondo lui era l’unica forma di vedere una luce in fondo al tunnel e mettere punto finale a quella ingiusta agonia che stava vivendo, ma il destino non l’ha voluto e si è salvato. Tra momenti di sconforto e momenti di speranza, questo ragazzo e la sua famiglia hanno lottato durante 4 anni per incontrare nuovamente la giustizia, per trovare la libertà che gli avevano tolto in modo così arbitrario.
Allora, se Lorent era il pericoloso nemico n. 1 del governo, perché è stato liberato così all’improvviso?
Pochi giorni prima della liberazione di Lorent Saleh, l’oppositore del partito politico Primero Justicia, Fernando Albán Salazar era stato arrestato dalla polizia segreta bolivariana (SEBIN) al suo arrivo all’aeroporto proveniente dagli Stati Uniti, accusato di far parte del gruppo che lo scorso agosto aveva organizzato il presunto e ridicolo attentato contro Maduro, con dei droni che avevano sganciato delle bombe durante una sfilata militare. L’8 ottobre giunge la notizia da parte del governo che Albán si è suicidato mentre era nella sede del Sebin, lanciandosi dal decimo piano del palazzo. L’opposizione e il popolo non credono a questa versione ufficiale e sostengono che Albán è stato ucciso dai torturatori del servizio segreto. L’opposizione parla di troppe contradizioni che provengono dalla versione ufficiale. Profonda tristezza nel paese. Caso vuole che 4 giorni dopo venga rilasciato a sorpresa uno dei detenuti più pericolosi e importanti del governo di Nicolas Maduro: Lorent Saleh. A voi le conclusioni.
L’obbiettivo di Lorent è lo stesso da quando è iniziato la sua crociata contro il regime, il governo non ha potuto piegarlo come sicuramente avrebbe voluto in questi 4 anni. Lui continuerà da lontano la lotta per la libertà del Venezuela e noi insieme a lui.