“LibriLiberi”. Gli esclusi
di Alessandra Montesanto
Sophie, Anna, Rainer, Hans: quattro adolescenti che vivono nella Vienna post bellica. Siamo negli anni’50, il secondo conflitto mondiale ha lasciato profonde tracce nel corpo della città e negli animi delle persone. I quattro giovani protagonisti trascorrono le giornate fantasticando un’esitenza priva di responsabilità e agendo crimini efferati contro gli indifesi, che siano animali o altri individui.
Le loro storie sono raccontate nel romanzo intitolato Gli esclusi – edito da La nave di Teseo – della scrittrice e drammaturga austriaca Elfriede Jelinek, già vincitrice del Premio Nobel per la Letteratura nel 2004.
In un gioco perfetto di rimandi tra maschi e femmine, ricchi e poveri, artisti e sportivi, giovani e adulti, l’autrice crea un puzzle dell’Europa (e dell’Occidente) che, purtroppo, vale ancora oggi nella sua mancanza totale di solidarietà e di empatia. La lettura è straniante: azioni descritte con parole dure, assenza di dialoghi diretti (con passaggi dalla prima alla terza persona), frasi brevi; ne scaturisce una freddezza, non solo da parte dei personaggi, ma anche da parte del lettore, che quasi sovrasta la gravità di ciò che viene descritto. E qui sta il nucleo del libro: oggi siamo anestetizzati. Giustifichiamo l’individualismo e l’aggressività e tutte le conseguenze che ne derivano.
In questo testo i figli sono condannati a ripetere gli stessi errori dei padri e delle madri: i padri, coinvolti nell’orrore del periodo storico appena passato e le madri del tutto succubi e incapaci di reagire al maschilismo imperante di quei mezzi uomini, in grado solo di sottomettere (con la frusta, col denaro o con le armi).
Questo testo è strettamente legato ad un saggio noto e importantissimo: L’epoca delle passioni tristi, degli psicoterapeuti Miguel Benasayag e Gérard Schmit, in cui gli autori analizzano proprio le cause del nichilismo che appartiene ai giovani d’oggi, come a quelli della nostra lettura. Si legge, ad esempio: “Gli ideali della nostra cultura hanno subìto, evidentemente, una profonda trasformazione. Ha preso piede questa idea della serialità, in cui la sola autorità e la sola gerarchia accettate e accettabili sono determinate dal successo e dal potere personale, valutati all’interno dell’universo della merce. In un mondo di questo tipo, le relazioni interpersonali si strutturano secondo criteri di utilità – utilità in termini di produzioni di profitti e di potere. E’ così, senza che ce ne siamo resi veramente conto, la nostra società ha in qualche modo sostituito al principio di autorità un altro principio, fondato sul senso di insicurezza riguardo al futuro”.
In questa mancanza di fiducia verso il Domani viene a mancare anche il senso della vita stessa. I corpi sono ridotti a macchine/merci/involucri, la libido “sublimata” in abuso, la sensibilità viene relegata al vuoto sofismo. Neanche l’Arte e la Cultura (di cui Reiner e Anna sono avidi, lui ama Rilke e Camus, lei la musica classica) consolano o placano la rabbia di cui questi ragazzi si nutrono giorno dopo giorno.
Molte le riflessioni che il romanzo della Jelinek ci propone: riguardano la Libertà, l’Etica, il senso di responsabilità individuale e collettiva, la Memoria. E, mentre si ragiona su tutto questo, un tram attraversa lentamente la città; quel tram in cui le persone sono stipate, stanche, puzzolenti, alienate. Quel tram che non porta da nessuna parte, se non tentiamo di riprenderci a mani piene la nostra umanità.