L’importanza dei corridoi umanitari
A cura di Alessandra Montesanto
Intervista a Francesco Piobbichi, attivista per Mediterranean Hope sull’ultimo corridoio umanitario, partito dal Libano a fine novembre 2018.
Vuoi parlarci dei corridoi umanitari con Mediterranean Hope?
Siamo partiti dal Libano con il progetto Mediterranean Hope – che lavora insieme alla comunità di Sant’Egidio – il 30 novembre e siamo arrivati a Roma; con noi c’era un’ ottantina di persone di varia estrazione sociale, provenienti dalla Siria e una donna yemenita, di religioni diverse. Considerando quest’ultimo corridoio umanitario abbiamo portato in Italia 393 persone e, negli ultimi tre anni, in tutto 1400 persone perchè è stato rinnovato il protocollo con il governo italiano. A queste persone se ne vanno ad aggiungere altre 500 che stiamo portando in Francia, più altre che sono arrivate ad Andorra. La conferenza episcopale ha aperto un altro corridoio umanitario in Etiopia per altre 500 persone.
Collaborate con le istituzioni dei Paesi di provenienza di queste persone?
Dobbiamo avere per forza rapporti con le istituzioni locali perchè i corridoi umanitari sono una via legale e quindi bisogna stare dentro le regole di ogni nazione, ognuna delle quali ha la propria normativa rispetto alla questione dei Visti.
Per quanto riguarda il lavoro che facciamo con le autorità libanesi, si tratta di avere una lista di persone che le autorità controlla per vedere se le persone hanno avuto problemi con la giustizia; se le autorità libanesi ritengono che questi individui possano lasciare il Libano, concedono il Visto. Il Visto viene concesso dall’ambasciata italiana dopo che la stessa lista di persone viene controllata dal Ministero dell’Interno e degli Affari esteri. Quindi avvengono due controlli da parte di due nazioni.
Come procede il percorso delle persone che arrivano in Italia?
Vengono improntate in ambasciata con il sistema Eurodac e quindi inizia una procedura piuttosto stringente per quanto riguarda i controlli. Questo ci permette di affermare che il tema dei corridoi umanitari sia un tema che si lega a quello della sicurezza perchè, a differenza delle persone che purtroppo arrivano in mare rischiando la vita, noi garantiamo una possibilità di controlli sicuri. Anche il processo di resettlement risponde a questo tipo di esigenza: la differenza tra i corridoi umanitari e il resettlement è che il secondo concede lo status di rifugiato direttamente in Libano, mentre il corridoio permette di ottenere lo status di richiedenti asilo quando la persona arriva in Italia. Con il Visto umanitario la persona può chiedere la protezione internazionale appena arriva all’aeroporto italiano.
Le persone che avete portato in Italia con quest’ultimo corridoio umanitario dove sono collocate?
Sono collocate nella rete di accoglienza della comunità di Sant’Egidio che è una rete diffusa: famiglie, centri di accoglienza e varie altre fome diversificate nel territorio preposto. Il servizio di accoglienza dura un tempo limitato durante il quale le persone vengono seguite dal punto di vista legale, viene dato loro un alloggio e del cibo, un piccolo pocket money e si cerca anche di trovare lavoro per poi avviarne l’inclusione.
Qual è la situazione in Francia?
I due sistemi sono un po’ diversi: il sistema di accoglienza in Francia è molto più strutturato. Una volta arrivati in Francia, le persone accolte hanno più strumenti per integrarsi. La Francia ha procedure più definite e, rispetto ai numeri che noi abbiamo, la Francia accoglie un numero minore di persone che vengono distribuite tra le Chiese protestanti e la Chiesa cattolica.
Non puoi dirci nulla sulla signora yemenita?
Non posso perchè le persone che noi portiamo sono richiedenti asilo e dobbiamo garantire loro un certo grado di riservatezza. Secondo noi la signora ha tutti i requisiti per chiedere la protezione internazionale in Italia.