Sudan. Il significato della rivolta del pane
di Alessandra Montesanto
Lo scorso 19 dicembre sono iniziate varie proteste, in Sudan,dopo l’annuncio, da parte del governo, di aumentare il costo del pane. Il pane: alimento base per la sopravvivenza, alimento simbolico di vita e condivisione.
Le manifestazioni sono continuate fino al 25, giorno di Natale per i cattolici, giorno di sommossa, quest’anno, per il Paese in prevalenza arabo musulmano con 40 milioni di abitanti. Un Paese, il Sudan, governato da Omar Al Bashir che prese il potere nel lontano 1989 con un colpo di Stato e sul quale pende un mandato d’arresto, richiesto dalla Corte Penale Internazionale fin dal 2009, per crimini di guerra e genocidio legati al conflitto nella regione occidentale del Darfur, conflitto ancora in corso. Tuttavia, Al Bashir continua a governare e a varare misure che strozzano l’economia e minano il livello di sopravvivenza della società civile.
Ecco, quindi, che in molte città la popolazione si è riversata in piazza: prima da Atbara, nel nord Est, città storica e sede dei movimenti sindacali sudanesi; poi a El-Gadaref fino ad arrivare alla capitale, Khartoum. Chiedono garanzie di riforme, chiedono la destituzione di un presidente-dinosauro. La “rivolta del pane” si è svolta in maniera pacifica da parte dei dimostranti che hanno scandito soltanto slogan inneggianti alla pace, alla giustviolenza
izia, alla libertà. Le forze dell’ordine invece, hanno reagito con la forza: lacrimogeni, proiettili di gomma e di piombo. Amnesty ha dichiarato che, tra il 19 e il 24 dicembre, sarebbero state uccise 37 persone, molte altre sono state ferite. Il governo ha, inoltre, chiuso scuole e università, introdotto il coprifuoco, imposto la censura a social media, televisioni e giornali locali. A questo la società ha risposto con la protesta anche dei professionisti: medici, avvocati, farmacisti, giornalisti hanno fatto sentire la loro voce, come e finchè hanno potuto, prima di essere malmenati.
Perchè è importante parlare di questa rivolta? Perchè è significativa per chi sceglie di vivere nell’ignavia, nella rassegnazione; perchè è ingiusto che il potere sia nelle mani di una persona sola e del suo esercito e che milioni di altri individui non abbiano garantita la propria salute e la dignità.
In Sudan l’inflazione ha raggiunto il 70%, corruzione alle stelle, perdita dei tre quarti della produzione di petrolio, tasse sul grano e altre misure di questo genere hanno fiaccato un Paese già indebolito dalla guerra civile. Sembra banale parlare di farina, cipolle, fagioli e di elettricità, ma l’esistenza delle persone si basa su questi beni di prima necessità. Per non parlare delle medicine e dei servizi pubblici (ospedali, scuole)…L’autocrazia può essere evidente o mascherata, ma se vi sono segni di qualsiasi tipo, bisogna contrastarla con le parole con la penna, con le immagini, con ogni strumento pacifico e legale si abbia a disposizione, ma bisogna farlo. E noi siamo vicini al popolo sudanese, ringraziandolo per questo esempio.