L’odissea giudiziaria di Amal Fathy
di Alessandra Montesanto
11 maggio 2018: la polizia irrompe nell’appartamento, al Cairo, di Amal Fathy e del marito Mohamed Lofty, perquisisce loro i telefoni cellulari, impedendo ai coniugi di chiamare un avvocato.
Fathy e Lofty vengono portati in carcere, con il figlio di tre anni, e solo la donna verrà trattenuta. A settembre sarà condannata ad una pena di due anni con duplice accusa: la prima, quella di aver diffuso un video su Facebook in cui avrebbe diffuso notizie false riguardanti la denuncia del governo nel non tutelare i diritti delle donne, vittime di molestie sessuali. La seconda accusa sarebbe quella di appartenere ad un gruppo terroristico e di aizzare, tramite i social network, l’opinione pubblica sempre contro il governo.
Accuse infondate e pretestuose, sicuramente legate, invece, all’attvità del marito della donna, Mohamed Lofty: Direttore della Commissione egiziana per i Diritti umani e consulente della famiglia di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano, trovato senza vita il 3 febbraio 2016 nella capitale egiziana. I genitori di Regeni e la Ecrf – l’Ong presieduta da Lofty – a maggio durante l’ultima edizione del Salone del Libro di Torino, avevano fatto un appello per il rilascio di Amal Fathy dopo aver appreso la notizia dell’arresto:
“La Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf) condanna fortemente la detenzione della moglie del proprio direttore esecutivo e ne chiede l’immediato rilascio”.
Il giorno 18 dicembre 2018 si è aperto uno spiraglio di luce: era, infatti, stato disposto il rilascio, su libertà condizionata, di Amal Fathy. Ma, mentre noi ci preparavamo ad accogliere il nuovo anno, arriva un’altra doccia fredda: probabilmente la donna dovrà tornare in carcere.
Nei mesi già trascorsi in cella, Amal ha accusato seri problemi di salute, ha perso circa 20 Kg di peso e Amensty International sostiene che sia una “prigioniera di coscienza”, dichiarando: “Non avrebbe dovuto trascorrere neanche un minuto dietro le sbarre ed è giunto davvero il momento che sia assolta da ogni accusa”.