Le donne dell’Ucraina. Intervista a Giulia Corsalini
Associazione per i Diritti umani ha avuto il piacere di intervistare Giulia Corsalini, docente e autrice di critica letteraria, qui al suo esordio nella narrativa con il romanzo La lettrice di Cechov, edito da Nottetempo.
Ringraziamo molto Giulia Corsalini per la sua disponibilità
Intervista a cura di Alessandra Montesanto
Perché ha deciso di raccontare questa storia?
Questa storia è nata diversi anni fa. A quel tempo scrivevo soprattutto racconti. In Università , nell’Istituto di Italianistica in cui lavoravo, si parlava di una giovane donna ucraina, una badante, che, frequentando la biblioteca di Slavistica nelle ore libere, si era fatta apprezzare come studiosa e aveva ottenuto un contratto di docenza. La biblioteca di Russo non era nello stesso piano del nostro Istituto e questa collega forse la incrociavo per le scale ma non l’ho mai conosciuta, né ho saputo in seguito più nulla di lei. La notizia è passata così; poi, ad un certo punto, non so come, è diventata il nucleo di un racconto. Su questa storia sono tornata e ritornata, finché ne è nato un romanzo.
Come si è documentata per tratteggiare il personaggio di Nina, simbolo di tutte le donne (in particolare dell’Est Europa), costrette a lasciare i figli e i mariti nella terra d’origine per venire in Italia a svolgere professioni poco appaganti?
Negli ultimi anni ho conosciuto diverse donne ucraine e di alcune sono diventata amica; così so molto delle loro vite, del loro lavoro e delle famiglie lontane. La distanza dei figli naturalmente è l’aspetto più difficile e doloroso della loro esperienza e quello che, come madre, faccio più fatica a comprendere. Per le donne che vengono dalle terre dell’est dell’Ucraina, terre devastate da un conflitto terribile e poco noto, la lontananza è ancora più drammatica. Per un certo periodo, una di loro, mentre parlava con il figlio al telefono, sentiva il boato dei bombardamenti su Donetsk (questo figlio, che si è laureato mentre lei era in Italia e vive solo, è il suo unico affetto e per tre anni la guerra le ha reso impossibile raggiungerlo). Ma è un’altra storia.
Ho letto dei libri, romanzi e saggi sull’argomento e poi ho fatto un viaggio a Kiev; ho visitato questa città storica, attraversata dal Dnepr, molto bella; ho partecipato ai riti ortodossi; ho mangiato i piatti tipici; ho preso l’aereo nel piccolo aeroporto vicino alla città, dal quale partono le badanti più fortunate, che riescono ad evitare il viaggio di due giornate in pulmini male in arnese e ad acquistare un volo low-cost; eravamo insieme, lì al gate, in un’alba freddissima.
Una volta l’Ucraina era considerata “Russia”. Vuole spiegarci qual è il legame tra la storia di Nina e la Letteratura russa (Čechov, in particolare) e italiana?
Nina è una donna colta, una studiosa di Letteratura russa. In particolare ha una passione per Čechov e questa passione, che in un primo tempo rappresenta soprattutto un conforto per la sua solitudine, diviene motore della vicenda.
E’ per studiare Čechov che Nina inizia a frequentare la biblioteca di Slavistica dell’Università della cittadina in cui lavora come badante ed è lì che trova una controversa possibilità di riscatto.
I racconti dello scrittore e drammaturgo russo diventano oggetto di analisi e materia di insegnamento per Nina. Allo stesso tempo quella scrittura è aspirazione della voce narrante, che insegue la stessa qualità di naturalezza nella narrazione della propria vita e tenta di rimodulare l’arco melodico della pagina čechoviana; una musicalità malinconica e interiore, attraverso la quale il pathos della disillusione e il senso dell’inadempienza dei destini si fondono alla persistenza del sogno.
La Letteratura italiana resta sullo sfondo; Nina cerca di capire in che modo Čechov abbia influenzato gli scrittori italiani, ma non espone che in linea generale i risultati del suo lavoro; arriva a dire che per il narratore italiano la scrittura di Čechov rappresenta un’aspirazione più che un modello; dietro la ricerca di un’arte non formale e libera da intenzionalità secondarie – abbellimenti stilistici, sperimentazione, ammaestramenti di ogni tipo – c’è spesso la lezione čechoviana.
Il suo romanzo affronta il tema della solitudine, ma non appartiene solo a Nina…Tutti i personaggi ne soffrono. Credo anche che, per la struttura e la scrittura, il testo si potrebbe trasporre in una pièce. Cosa pensa di queste considerazioni?
Ognuno dei personaggi vive una sua forma di solitudine, che per tutti è comunque principalmente senso della perdita degli esseri amati, con i quali si sono condivisi giorni e consuetudini, e fedeltà tenace a ciò che quei legami hanno rappresentato. Nina è sola soprattutto perché non può più comunicare con la figlia Kàtja, la figlia lo è perché non riesce a giustificare la madre; e Giulio De Felice, il professore di Letteratura russa, è solo perché, anche lui, non sa perdonare la moglie, che non ha mai smesso di amare. Ci sono stati dei motivi di incomprensione, delle fratture che sono diventate insanabili, ci sono stati il dolore e la morte, e il passato è ormai per ognuno il tempo di una felicità compromessa e irrecuperabile, a cui tuttavia non si vuole rinunciare.
Il romanzo ha scene, dialoghi, atmosfere, descrizioni di interni che penso si prestino alla trasformazione del testo in una pièce drammatica.
Qual è il Futuro sognato da Nina e quale, invece, quello realizzabile?
Nina, che è appunto un’appassionata lettrice di Čechov, avverte il carattere illusorio e velleitario delle proprie aspirazioni per il futuro nel momento stesso in cui si concede il diritto di nutrirle; allo stesso tempo non rinuncia ad avere delle aspettative di bene che riguardano la figlia, sé, gli altri; aspettative per un verso indefinite, come se il bene fosse difficile da formulare, per l’altro poggiate su alcuni gesti concreti e avvertimenti vivi: mettere insieme dei risparmi per aiutare Kàtja, scrivere un saggio che la accrediti tra gli studiosi, assumersi una responsabilità di tipo umanitario, provare sdegno per le ingiustizie. Malgrado tutto, Nina ha una predisposizione alla fiducia.