La complessa questione (dimenticata) del Kashmir
Testo e immagini di Laura Notaro
Il 5 febbraio si celebra in Pakistan la giornata mondiale di solidarietà con il popolo Kashmiri, il cui territorio Jammu e Kashmir dal 1947 si trova sotto il controllo dell’India e del suo esercito. Un popolo che da decenni è oppresso, perseguitato, privato dei suoi diritti fondamentali.
Il territorio settentrionale dello Jammu e del Kashmir è quella regione stretta tra India, Pakistan e Cina. India e Pakistan ne amministrano ciascuno una parte. Il Pakistan dal 1990 ha fissato il 5 febbraio come giornata nazionale per esprimere il proprio supporto alla popolazione dei territori occupati dall’India, e per denunciare le violenze e i soprusi dell’esercito indiano sulla popolazione Kashmiri.
In Pakistan, il Primo Ministro Imran Khan e il Presidente Arif Alvi hanno rinnovato in questa giornata l’appoggio ai ribelli kashmiri della parte di territorio sotto il controllo indiano.
A Milano, la giornata è stata celebrata domenica 3 febbraio in Piazza Castello, non lontano dal Consolato indiano, in un presidio organizzato dal “Movimento per il Kashmir – Italia”, di Brescia, e che ha visto la partecipazione delle comunità pakistane dalla Lombardia e da altre parti d’Italia.
Sul palco allestito per l’occasione, diversi interventi di esponenti di associazioni a favore dell’indipendenza del Kashmir, pacifisti, cittadini solidali con la causa, sia italiani sia pakistani e anche di altre nazionalità. Le comunità presenti a Milano in piazza domenica, uomini, donne e giovanissimi, denunciano i soprusi e le violenze dell’esercito indiano sulla popolazione Kashmiri, mostrano le foto di atti violenti su civili inermi e invocano l’applicazione delle risoluzioni dell’ONU sull’autodeterminazione del Kashmir. Gli slogan proclamati a più riprese richiamano alla pace, alla libertà del Kashmir, e incitano l’India al ritiro dell’esercito.
La questione del Kashmir è estremamente complessa, origina dai tempi della partizione tra India e Pakistan nel 1947. La giornata del 5 febbraio, oltre a esprimere la solidarietà verso i separatisti Kashmiri che vivono in una delle zone più militarizzate del mondo, rappresenta per il Pakistan l’occasione per ricordare le vittime delle tre guerre combattute contro l’India nella regione – nel 1947, 1965 e nel 1999.
Sebbene dal 1948 vi sia la risoluzione dell’ONU a favore dell’autodeterminazione del popolo Kashmiri, per l’autonomia e l’indipendenza sia da India sia da Pakistan, di fatto nulla è stato attuato concretamente – anche se il Pakistan ha riconosciuto l’autonomia del Kashmir.
Stando ai rapporti pubblicati dagli osservatori dell’Onu e da Human Rights Watch, la responsabilità per le violazioni dei diritti umani nella parte di Kashmir controllata dall’India riguarderebbe da una parte l’esercito indiano, dall’altra i militanti ribelli dei movimenti indipendentisti. Nel mezzo, a pagare le conseguenze e il prezzo di questa contesa, i civili, donne e bambini in particolare, poiché molti degli uomini sono in esilio, emigrati, o in clandestinità.
La causa del popolo Kashmiri solleva l’urgenza di affrontare la disputa sul piano internazionale e soprattutto attraverso il dialogo, deponendo le armi, da parte di tutti. Non è una questione meramente locale, come denuncia il Presidente del Movimento per il Kashmir Italia, Tanveer Arshad, “ma riguarda tutti noi, perché si tratta di diritti universali violati, di sofferenze inflitte a civili inermi, indifesi”.
La questione dei territori contesi del Kashmir riguarda una popolazione di circa 12 milioni di abitanti. Nonostante la giornata del 5 febbraio, in cui inoltre delegazioni da più Paesi si recano a Ginevra presso la sede dell’ONU per sollecitare un intervento, le sorti del popolo Kashmiri non sembrano all’ordine del giorno della comunità internazionale.