Venezuela. BUIO
di Tini Codazzi
Da giovedì 7 marzo il Venezuela è sprofondato nell’oscurità. La causa è stata un gravissimo guasto nella centrale idroelettrica del Guri, in impianto che in passato era il fiore all’occhiello della tecnologia venezuelana e che ancora oggi dovrebbe servire tutto il paese. I lavoratori della centrale avevano avvertito che la rete elettrica stava per andare in tilt dopo anni di cattiva manutenzione, indolenza e corruzione, e così è stato; inoltre, dopo l’inizio del blackout, i lavoratori della centrale hanno dichiarato che non ci sono più tecnici preparati per risolvere il problema, chi lavora lì non è preparato per questa crisi. Sulla carta, in questi ultimi 20 anni ci sono stati investimenti per più di 1.500 milioni di dollari. Sulla carta però, perché quei soldi non sono mai arrivati a destinazione, non sono stati spesi per aggiornare la centrale, bensì sono nelle tasche della gang di criminali di Hugo Chavez e Nicolas Maduro. Il regime dichiara che il blackout è stato un sabotaggio da parte degli Stati Uniti, ovviamente. Questa notizia è stata immediatamente smentita dai lavoratori. Possiamo dire con sicurezza che ci sono stati degli arresti arbitrari di alcuni lavoratori dell’azienda nazionale per l’energia dopo aver smentito la notizia. C’è un impiegato di nome Geovany Zambrano che è “desaparecido” da 20 ore. Sarà che queste persone hanno parlato e hanno detto cos’è successo? Sarà che il regime li ha fatto tacere?
Quindi, la rete è collassata, di conseguenza anche le comunicazioni sono collassate, linee telefoniche e internet comprese. Senza elettricità non c’è niente, non funziona niente. Intere zone della capitale e non solo hanno passato più di 60 ore consecutive senza elettricità. In alcune zone dell’entroterra hanno compiuto 110 ore di buio. Il poco cibo che la popolazione riesce a comprare è andato a male nelle case, le candele stanno per finire. Le poche aziende e negozi che ancora sopravvivono, hanno abbassato le saracinesche. Alcuni negozi e piccoli supermercati aprono nei ridotti momenti in cui arriva la luce, se arriva, vendono quello che hanno, ma tante non possono accettare carte di credito e bancomat, accettano soldi in contanti e addirittura accettano dollari ed euro, ma il fatto è che i contanti non esistono più, la gente non gira per strada con banconote perché l’inflazione è arrivata quasi al 3.000%, e allora, cosa compri, come compri, quando compri? Anche l’acqua manca. La gente disperata chiede informazioni per conoscere negozi e venditori ambulanti che possano vendere caraffe d’acqua potabile, le case sono al secco. In alcune regioni del paese come la Stato del Carabobo, denunciano che l’acqua sta arrivando alle case con cattivo odore e di colore nero… fate voi.
Cosa succede in un ospedale se va via la corrente elettrica e l’acqua? Un inferno. Ma se gli ospedali venezuelani sono già un inferno a causa della mancanza di medicine, manutenzione, macchinari, medici e infermiere… cos’altro può succedere? Un inferno Dantesco è a dir poco. I medici non riescono in nessun modo a salvare vite, possono soltanto rianimare facendo massaggi cardiaci a mani nude, ventilando con sistemi manuali del medioevo, ma poi basta, rimangono a guardare nella penombra di una candela un’altra vita, l’ennesima che se ne va a causa di questa crisi umanitaria voluta da un pugno di esseri crudeli che ha distrutto completamente il paese. Dal 7 al 9 marzo sono morti 110 pazienti, tra cui 80 bambini. Il 10 marzo sono morti 21 persone, di cui 5 neonati e due donne in ostetricia, incinte o per partorire… Fino al 13 marzo si contano 26 deceduti, la ONG Codevida contabilizza 17 pazienti con problemi renali decediti dopo il blackout nazionale, e allora potete immaginare cosa sta succedendo ai pazienti in dialisi? Cosa pensate che possa succedere negli obitori degli ospedali senza aria condizionata costante per più di 6 giorni? Sapete cosa stanno facendo gli impiegati di queste aree? Dicono ai famigliari di portarsi il cadavere subito altrimenti devono seppellirli in fosse comuni per evitare la decomposizione e l’affollamento. Nell’entroterra del paese, nelle zone più povere e depresse, la situazione della salute è indescrivibile, il 90% delle famiglie ha qualche parente con problemi di salute: denutrizione, tumori di diversa natura ed entità, epilessia, diabete, AIDS, malaria, tubercolosi. In questi giorni di crisi energetica si sono complicati i quadri clinici di molte persone, già compromessi per la situazione sanitaria e quindi sono decedute, i parenti, senza soldi per poter affrontare un funerale e pagare il cimitero, seppelliscono i loro cari nei giardini di casa, nelle zone rurali dove ci sono pezzi di terra o nella terra di nessuno… Donne con figli morti in braccio, parenti all’estero che ricevono la chiamata che il loro famigliare è morto nell’oscurità, senza poter andare in Venezuela perché gli aerei non partono e non arrivano… ovviamente. Un incubo difficile da descrivere. Un incubo reale. Una morte lenta. Una disgrazia che non tocca fondo.
Il paese non sta collassando, è già collassato. E’ già nella miseria più grande. Chi ancora, nelle sedie del potere, continua a dire che bisogna rimanere neutrali e che la non ingerenza è la giusta via, perché non si può ripetere la storia della Siria, non sa o non si rende conto che il Venezuela da più di 5 anni è già la Siria dell’America Latina e che da anni era in atto un genocidio silenzioso, che per fortuna, ormai, tanto silenzioso non è.
Devo dire che settimane fa vedevo una luce in fondo al tunnel, adesso stento a trovarla, l’ho persa, spero si ravvivi appena questo blackout in cui è sommerso il Venezuela, passi. Piano piano la luce sta arrivando, a momenti, ma non riesce ancora ad illuminare il nostro tunnel della speranza. Siamo stanchi. Mi auguro che la fine stia arrivando e che il mio popolo possa di nuovo trovare pace dietro la parola “DIRITTO”.