Libro/Inchiesta sul clan dei Casamonica: intervista a Nello Trocchia
Associazione Per i Diritti umani ha intervistato il giornalista Nello Trocchia sul suo libro/inchiesta “I Casamonica. Viaggio nel mondo parallelo del clan che ha conquistato Roma”, edito da Utet, il clan mafioso che ha conquistato Roma (e non solo). Pubblichiamo oggi l’intervista, nella Giornata in cui Libera celebra la Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafie.
A cura di Alessandra Montesanto
Cosa l’ha spinta a lavorare ad un’inchiesta così scottante e pericolosa?
Non ci sono inchieste facili: il nostro lavoro è quello di scoperchiare e raccontare realtà che vengono spesso sottaciute o dimenticate. Da tempo mi occupo di organizzazioni criminali; a mio avviso la questione romana e il rapporto tra la capitale e le mafie è un rapporto che è stato per troppi anni sottovalutato anche dagli esponenti dello Stato, penso ai prefetti di Roma, infatti si è parlato solo di “mele marce”. Il tema delle mafie a Roma è stato taciuto, silenziato e l’ idea di raccontare una mafia, autoctona che è attiva in alcuni quartieri e in alcune zone mi sembrava molto interessante dopo aver affrontato, nel penultimo mio libro, la storia di Roberto Mancini nel quale, con il collega Ferrari, avevamo già affrontato il tema delle organizzazioni criminali a Roma. Volevo, però, affondare di più oltre la superficie e raccontare i profili identitari, i profili criminali e sociali di una mafia come quella dei Casamonica.
Quali sono i quartieri più colpiti?
Loro hanno un controllo territoriale che va dalla zona Mandrione, Porta Furba, Tuscolana fino ai Castelli. Il loro controllo è molto esteso nell’area sud della capitale, ma sono presenti ovunque. Il collaboratore di giustizia Massimiliano Fazzari, he ho intervistato in esclusiva, mi racconta he sono ome i topi (è un racconto che ha fatto anche alla Procura, al distretto antimafia di Roma), cioè divorano tutto, sono ovunque. Questa metafora ci permette di capire che, indipendentemente dalle aree territoriali, dal censo, dal ceto sociale, i Casamonica arrivano e interloquiscono con tutti perchè loro hanno a disposizione dei servizi che la città chiede e li forniscono con i soldi che vengono prestati “a strozzo” e con il commercio della cocaina. Quando tu offri questi servizi assurgi al ruolo di agenzia criminale.
La città li ha relegati ad un ruolo marginale, solo dal punto di vista della nomea perchè loro sono gli “zingaracci”, ma in realtà la città si serviva di questi soggetti e loro sono diventati romanissimi, prendendo usi, abitudini e costumi dei romani, incrociando con i romani la loro identità sinti che è la loro identità profonda.
Quali sono, quindi, le origini del clan e quali i passaggi della loro escalation criminale?
Sono riusciti nella loro escalation criminale perchè a Roma li ha sottovalutati; in una città che non nominava, non evidenziava, non combatteva la presenza del crimine organizzato, i Casamonica sono stati privilegiati. Se già la mafia non era un problema, i Casamonica, essendo stati battezzati come criminali di rango inferiore o di periferia, erano ancora di più sottovalutati e sono cresciuti tanto perchè il capostipite, Vittorio, e non solo lui, è stato “allevato” da Enrico Nicoletti, uomo di collegamento tra politica, imprenditoria, banda della Magliana.
Mi conferma, cioè, che c’è una collusione anche con la politica…
La collusione c’è in termini di relazioni. Nel momento in cui un’organizzazione criminale crea un impero, è chiaro che ci sono degli elementi di connivenza. A Roma sono riusciti a mettere su veri e propri quartieri abusivi e soprattutto ad imporre il loro Verbo criminale e questo lo fai solo se hai degli elementi di connivenza molto, molto importanti con ambienti della politica o quantomeno di settori di controllo. Se tu riesci a costruire le case abusive su aree pubbliche e se riesci a diventare un riferimento per mafie potentissime, è chiaro che hai il benestare di chi dovrebbe controllare le tua attività. Compito della Magistratura è capire quali sono i soggetti che li hanno aiutati, ma è un compito difficile perchè in questo clan non ci sono collbarotari di giustizia, ci sono ma sono esterni.
I pentiti sono i “gagi”, quelli che hanno avuto rapporti con il clan e che poi, hanno preso le distanze dallo stesso. I “gagi” sono gli estranei al clan.
Nel libro sono riportati molti aneddoti che riguardano i Casamonica: ce ne può anticipare uno?
Un aneddoto che racconta bene lo sfarzo, l’amore per la richezza: era il compleanno di Vittorio Casamonica. Mentre le donne, vestite con le loro gonne gitane, e gli uomini pieni zeppi di oro, aspettavano Vittorio, escono in questo prato davanti al ristorante e vedono arrivare un elicottero atterrare. Era il festeggiato con un elicottero privato che faceva il suo ingresso davanti ad imprenditori, professionisti, politici. Con bottiglie di Don Perignon: una festa gigantesca, da magnate, peccato che qualche giorno dopo il ristoratore pretendesse di essere pagato dall’avvocato di Vittorio Casamonica. La ricchezza, la boria sempre a spese degli altri.
Ma lo Stato è riuscito ad assestare qualche colpo ai Casamonica?
Lo Stato si è svegliato molto tardi con una ordinanza cautelare importante che è stata eseguita lo scorso luglio, l’”Operazione gramigna” (non a caso chiamata così). Un’ordinanza molto interessante dalla quale ho preso degli spunti e che cito in diverse parti del libro perchè si inserisce in un quadro della situazione che avevo già scritto e dava un contributo ulteriore perchè dava un colpo duro ad UNO degli arcipelaghi della famiglia Casamonica. Ogni arcipelago ha un capofamiglia e quell’ordinanza colpisce l’arcipelago di Via Porta Furba che aveva in Giuseppe Casamonica l’uomo di potere e nella sorella Stefania la reggente quando Giuseppe era in carcere.
Ci sono, poi, diversi capi in libertà, capaci di avere a che fare con broker del traffico internazionale di droga, in grado di mettere in atto usure, estorsioni , di gestire anche la prostituzione ad alto livello: insomma, a tenere in mano attività criminali ad ampio raggio. I loro soldi sono nascosti in investimenti che vanno trovati e sottratti al clan.
Qual è il suo rapporto con la paura?
La paura è un sentimento che vira verso l’annullamento della persona; dato che io amo molto la vita,provo a sviare da stati d’animo che mi conducono all’annientamento, alla compromissione degli istanti di felicità.