“Stay human: Africa”. 25 anni dopo il genocidio in Rwanda
di Veronica Tedeschi
“Una delle città più pulite e sicure del continente africano, non una cartaccia per terra.”
“Migliore capitale africana in cui startup innovative danno lavoro a molti giovani.”
Stiamo parlando di Kigali, capitale del Rwanda che solo qualche anno fa al posto di hotel a 5 stelle vedeva corpi, macheti e granate tra le sue strade. Una rinascita vera e propria che vede, 25 anni dopo il sanguinoso genocidio, una popolazione rinascere, un popolo che ancora non riesce a dimenticare ma che vuole provare ad abbandonare la rigida divisione Hutu e Tutsi che provocò la morte di parenti, vicini di casa e amici.
In 100 giorni morirono circa 1.000.000 persone, quasi tutte di etnia Tutsi; gli Hutu, in circa 3 mesi, uccisero tutti i Tutsi presenti nel paese, a prescindere da amicizie o legami di parentela. Questa vicenda provocò l’inasprimento dei militari Onu presenti nel paese per una missione di pace (e che si ritrovarono nel bel mezzo di uno dei genocidi più sanguinosi della storia). La loro esasperazione rimase però solitaria: nessuno dei grandi paesi europei cercò di fermare questa guerra civile, compreso lo stesso Onu. Infatti, nonostante i diversi rapporti presentati alla Commissione per i Diritti Umani dell’ONU, il Consiglio di Sicurezza, a causa del veto degli Stati Uniti d’America, non riconobbe il genocidio in Rwanda.
Inoltre, diversi paesi occidentali mandarono dei contingenti con l’unico scopo di salvare i propri cittadini. Fra questi spiccano il Belgio e la Francia; quest’ultima non solo non volle fermare i massacri (negli anni precedenti aveva armato e addestrato le FAR), ma anzi fiancheggiò le milizie Hutu in ritirata dopo l’arrivo del RPF (tutsi).
Questa è “radio RTLM”… ho una drammatica notizia! una ferale notizia! Il nostro caro presidente Juvénal è stato assassinato dagli scarafaggi Tutsi! Lo hanno tradito, convincendolo a firmare quel trattato di pace, hanno abbattuto il suo aereo in volo! È giunto il momento di estirpare le erbacce fratelli hutu del Ruanda… è giunto il momento di tagliare gli alberi alti! Tagliate gli alberi alti, adesso! (Dal film Hotel Rwanda).
– La radio rwandese usa le parole “tagliare gli alberi alti” per indicare i Tutsi perché per costituzione quest’etnia era formata da persone mediamente più alte rispetto stessi Hutu) –
Oggi, 25 anni dopo, questa divisione etnica non esiste più, si parla di sopecya (sopravvissuti), dubai (rifugiati tutsi del Congo e del Burundi) e di tingi-tingi (rifugiati hutu rientrati in Congo).
Nonostante i passi avanti citati, però, la povertà non è totalmente scomparsa. L’associazione delle vedove del genocidio Avega Agahozo cerca di aiutare le donne costrette dal genocidio a improvvisarsi capifamiglia. Supporti morali e psicologici sono ancora in atto in tutto il paese ma oggi possiamo affermare con felicità che il 95% dei bambini frequenta la scuola primaria e che il sistema di sicurezza sociale universale rwandese è uno dei migliori in tutto il continente.
Mercati riforniti di ogni genere di prodotti si affiancano a donne che fanno jogging tra le bellissime colline del paese; uno scenario mistico e puro che dopo 25 anni fa respirare quell’aria fresca che le “mille colline” rwandesi diffondono.