Venezuela. La Festa dei Lavoratori
di Tini Codazzi
foto di Ramzi Souki
Mentre il mondo festeggiava la Festa dei Lavoratori, in Venezuela il regime festeggiava l’ennesima carneficina contro la popolazione civile. Tra il 30 e il 1° maggio ci sono stati 5 morti ammazzati (di cui 3 minorenni tra i 14 e i 16 anni), 273 detenuti e più di 300 feriti. Tutto questo perché i “comandos” o “paramilitari” del regime hanno risposto alla chiamata di Nicolás Maduro dopo le azioni intraprese dal governo ad interim di Juan Guaidó, all’alba del 30 aprile. Il paese si svegliò con il video messaggio del presidente Guaidó che annunciava l’inizio de “La Operacion Libertad”, affiancato da un gruppo di militari e da Leopoldo López, dirigente politico in prigione da 5 anni, simbolo di questa lotta contro la dittatura. Incredibile vedere Lopez in libertà! E allora qualcosa di importante stava succedendo veramente! Ma cosa? questo fatto rappresentava un cambiamento sostanziale, un passo in avanti importante per raggiungere la libertà, perché: 1) Il direttore del Sebin, cioè, la polizia del regime, aveva avuto il coraggio di liberare López e 2) un gruppo di militari erano passati dalla parte giusta della storia. Non era un golpe di stato, come hanno iniziato a dire alcune testate giornalistiche poco informate, era una ribellione pacifica di civili, autorità del governo e militari.
Purtroppo, le cose non sono mai né bianche né nere, in questa storia così complicata e grave, le sfumature di grigio sono infinite, i fatti poco chiari sono all’ordine del giorno, per cui la mattina che sembrava aver iniziato con la parola speranza, con il passare delle ore si è evidenziata più scura e quelle parole si sono sfumate un po’. Era tutto troppo strano, non si capiva cosa stesse succedendo: dov’è Nicolás Maduro? Non appare in TV, dov’è adesso Leopoldo López? Sembra che sia nella casa dell’ambasciatore di Chile, no, di Spagna. Dove sono tutti questi militari alleati? Guaidó è in pericolo di vita, dov’è? Tutto confuso.
Quel giorno in tanti abbiamo pensato: arriverà il giorno della manifestazione del 1° Maggio e il regime si vendicherà… ebbene sì, così è stato ovviamente. Appena sono iniziati i cortei, si sono aperte le danze della repressione con i lacrimogeni, gli spari, i blindati, le gang di comandos impazziti sparando contro persone e cose… il solito copione, e nelle notizie sono venute a gala piano piano i rifiuti sommersi di questa gravissima crisi: la presenza di militari russi, le trattative in quei giorni tra il regime e gli Stati Uniti, le paure del G2 Cubano (immerso nei meandri del potere venezuelano come una piovra) e allora la crisi del 1 maggio venezuelano è diventata una vicenda tra Russia e Stati Uniti, paesi che devono fare i conti con gli orrori del narcotraffico e del terrorismo che hanno superato le frontiere venezuelane. La cosa meno cruciale per il regime è la sua gente, questo è il pezzo della storia meno importante e più sacrificabile per l’asse Venezuela-Cuba-Russia, evidentemente. Più di 32 milioni di persone in crisi, chi a causa della crisi dentro la nazione, chi perché fa parte della massa di emigranti forzati sparsa per il mondo, chi perché era andato via prima della grande crisi ma che adesso lotta, soffre e aiuta da lontano i propri connazionali. Più di 32 milioni di persone sacrificabili che stanno pagando il prezzo più alto.
Dunque, la situazione è che siamo in mano a trattative e accordi internazionali a livello politico e diplomatico, perché questa dittatura ormai è un problema geo-politico di livello internazionale. Gli equilibri della regione sono in forte bilico. La situazione non si risolve velocemente ma un passo alla volta e molto lentamente. Nel frattempo, devo ripetere quello che dico sempre: i bambini continuano a morire, anche gli anziani e i malati, la gente sprofonda ancora di più nel buco della disperazione, della fame, dall’impotenza, della tristezza e ultima ma non meno importante, della disoccupazione, per finire alla grande il nostro misero e tragico 1° Maggio.