“Imprese e diritti umani”. Ricordando Chernobyl
di Cecilia Grillo
Nonostante si tratti di una delle più drammatiche tragedie di cui la storia sia stata spettatrice, insieme a Fukushima, ben pochi si sono ricordati del 33esimo anniversario del disastro di Cernobyl che cadeva proprio qualche giorno fa, il 26 aprile.
La catastrofe di Chernobyl è stata definita come una delle più gravi calamità per il popolo ucraino nel XX secolo, insieme al Terrore della Guerra Civile, l’Holodomor – la carestia del 1932-1933 -, le due guerre mondiali e la guerra in Afghanistan.
Allo stesso tempo, sarebbe impossibile non notare la differenza tra questo disastro e qualsiasi altro evento catastrofico: il pericolo di Chernobyl è impercettibile, le sue manifestazioni e i suoi rischi praticamente illimitati e persistenti. Lo scrittore britannico Mario Petrucci, autore di “Hard Water: a Poem for Chernobyl” ha affermato: “Chernobyl ha introdotto il concetto di disastro del futuro”.
Alle ore 1:23 del 26 aprile 1986, il quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl esplose.
Secondo rapporti delle Nazioni Unite, gli operatori della centrale di Chernobyl, nell’odierna Ucraina, in violazione delle norme di sicurezza, hanno disattivato importanti sistemi di controllo nel reattore n. 4 dell’impianto. Un’ondata di corrente ha provocato una serie di esplosioni, a partire dalle ore 1:23 del mattino, che sono state in grado di far crollare il pesante coperchio del reattore e di generare una nube di polvere radioattiva che si è estesa su tutta l’Europa settentrionale e occidentale, raggiungendo la costa orientale degli Stati Uniti.
Il disastro è stato un incidente industriale unico dovuto alla scala dei suoi effetti sociali, economici e ambientali e uno dei più gravi nella storia dell’industria nucleare. Si stima che solo in Ucraina, Bielorussia e Russia siano state colpite direttamente circa 9 milioni di persone, sottoposte a radionuclidi per un lungo periodo di tempo rilasciati a un’intensità più di 200 volte superiore rispetto a quella delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Quasi 404.000 persone sono state reinsediate, ma milioni hanno continuato e continuano a vivere in un ambiente in cui l’esposizione a radiazioni genera una serie di conseguenze negative per le condizioni di vita degli esseri umani, dell’ecosistema e delle generazioni future.
Nel territorio dell’ex Unione Sovietica la contaminazione ha provocato l’evacuazione di circa 400.000 persone. Circa 200.000 km2 di terra era, ed è, contaminata da atomi di cesio-137 radioattivo a livelli superiori a 37.000 Bq / m2. In termini di superficie, circa 3.900.000 km2 del suolo europeo (40% della superficie dell’Europa) sono stati contaminati dal cesio 137 (a livelli superiori a 4.000 Bq / m2). Fatto peculiare, questi dati non sembrano essere stati pubblicati e, certamente, la popolazione europea non ne è mai stata resa edotta.
La contaminazione di Chernobyl persisterà per secoli, e in molti paesi, oltre a Bielorussia, Ucraina e Russia, permarranno per i decenni a venire gli ordini di restrizione al commercio alimentare disposti a livello comunitario. Le conseguenze economiche dell’incidente restano un onere gravoso per i paesi più colpiti: Ucraina e Bielorussia continuano a spendere una ingente percentuale del loro prodotto nazionale lordo nel tentativo di affrontare gli impatti economici provocati dal disastro.
Sono state condotte innumerevoli ricerche e sono state scritte centinaia di relazioni circa l’impatto della tragedia di Chernobyl sulle condizioni di salute delle popolazioni locali, ma persistono tuttavia innumerevoli incertezze dovute ai dati poco attendibili a riguardo.
Un rapporto delle Nazioni Unite del 2005 stima che l’incidente abbia causato circa 4.000 morti, la maggior parte dei quali manifestatisi con patologie cancerogene. Sebbene molti dei resoconti ufficiali facciano riferimento a circa 4.000 decessi per cancro causati dal disastro di Chernobyl in Bielorussia, Ucraina e Russia, la previsione nelle relazioni AIEA / OMS è di oltre 9.000 decessi. Molti altri studi prospettano un multiplo di quel numero, ad esempio il rapporto di Green Peace “The Chernobyl Catastrophe – Conseguenze sulla salute umana” del 2006 stimava che 200.000 decessi correlati alle radiazioni abbiano avuto luogo tra il 1990 e il 2000 in Russia, Ucraina e Bielorussia. Una pubblicazione del 2009 che teneva in considerazione i rapporti in lingua russa e ucraina, esclusi dagli studi ufficiali, calcolava un numero di circa 900.000 vittime.
Nonostante non si abbiano informazioni certe rispetto a statistiche accurate che accertino il numero effettivo delle vittime del disastro, è certo che vi siano stati migliaia di decessi negli ultimi decenni nella zona radioattiva come conseguenza diretta dell’incidente.
Negli ultimi trent’anni, la consapevolezza pubblica dell’impatto ambientale di Chernobyl sui diritti umani si è sempre maggiormente sviluppata a seguito del crescente numero di decessi e casi di cancro alla tiroide che sono emersi in Ucraina, Bielorussia e Russia. Secondo il rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, le conseguenze dell’incidente di Chernobyl si sono tradotte in un sostanziale trasferimento atmosferico transfrontaliero degli agenti radioattivi e nel successivo inquinamento di molti paesi occidentali.
Gli effetti a lungo termine della radioattività incontrollata provocata dal disastro di Chernobyl, inclusi inquinamento dell’aria e dell’acqua, numero crescente di patologie tumorali e decessi correlati, radioattività di cibo e acqua, hanno minacciato i diritti umani fondamentali, in particolare il diritto alla vita e alla salute: i diritti umani essenziali non possono essere tutelati in assenza di un ambiente ecologicamente pulito e salubre.
Iniziando, in primis, con l’analisi del fondamentale diritto alla vita, primario fra i diritti umani, secondo anche quanto affermato dal diplomatico Franciszek Przetacznick: il godimento del diritto alla vita è un prerequisito del godimento di tutti gli altri diritti umani. Ogni essere umano ha un diritto intrinseco alla vita, e questo diritto è quello che deve essere protetto dagli abusi da parte dello Stato in conformità con le leggi e gli accordi internazionali. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, all’articolo 3 afferma che: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”. La domanda sorge quindi spontanea: come può essere protetto il diritto alla vita di esseri umani che vivono in un territorio radioattivo? La contaminazione radioattiva dell’ambiente è mortale per gli esseri umani e il diritto alla vita, come del resto tutti i diritti umani (compresi quelli civili, culturali ed economici), è chiaramente privo di significato in assenza di un ecosistema pulito e sicuro.
Se il Principio n.5 della Dichiarazione di Stoccolma del 1972 proclama che le risorse non rinnovabili della terra devono essere impiegate in modo tale da prevenire il pericolo del loro futuro esaurimento e garantire che i benefici derivanti da tale impiego siano condivisi da tutta l’umanità, così ispirando e guidando i popoli del mondo nella conservazione e nella valorizzazione dell’ambiente umano, invece il Principio 1 della Dichiarazione ha gettato le basi per collegare i diritti umani e la protezione ambientale, dichiarando che “L’uomo ha il diritto fondamentale alla libertà, all’eguaglianza e a condizioni di vita soddisfacenti, in un ambiente che consenta di vivere nella dignità e nel benessere ed è altamente responsabile della protezione e del miglioramento dell’ambiente davanti alle generazioni future”.
Così anche l’articolo 24 della Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli del 1981 dispone che ‘‘tutti i popoli hanno diritto a un ambiente soddisfacente e globale, favorevole al loro sviluppo’’.
E ancora il Protocollo di San Salvador del 1988, Protocollo alla Convenzione americana sui diritti dell’uomo in materia di diritti economici, sociali e culturali, all’articolo 11, dispone che ‘‘Ognuno ha diritto a vivere in un ambiente sano e di avere accesso ai servizi pubblici di base”: in condizioni ambientali malsane (come quelle di chi vive in una regione radioattiva) i diritti umani fondamentali sono a rischio.
Volgendo poi lo sguardo al diritto alla salute, strettamente correlato al diritto alla vita, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo definisce quale diritto fondamentale di ogni essere umano. Il cancro della tiroide, causato dallo iodio radioattivo, è stata una delle principali manifestazioni dell’impatto sulla salute dell’incidente di Chernobyl, in particolare tra i giovani. Il reattore rilasciava nell’aria enormi quantità di sostanze radioattive incontrollate. I bambini sono generalmente più a rischio di cancro alla tiroide rispetto agli adulti e le statistiche indicano che l’incidenza del cancro alla tiroide tra i bambini nelle zone limitrofe è aumentata rapidamente a seguito del disastro di Chernobyl. Nella Convenzione sui diritti dell’infanzia, all’articolo 24, si afferma che “Gli Stati parti riconoscono il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile”.
Strettamente connessi al diritto a una vita salubre l’accesso all’acqua e il diritto al cibo sono stati riconosciuti dalle Nazioni Unite quali diritti umani universali fondamentali.
Kofi Annan, Segretario generale delle Nazioni Unite nel 2013, durante la giornata mondiale dell’acqua di qualche anno fa, ha affermato “access to safe water is a fundamental human need and, therefore, a basic human rights”. Contaminated water jeopardizes both the physical and social health of all people. It is an affront to human dignity”.
Il diritto degli esseri umani a cibo ed acqua rappresenta un diritto umano fondamentale, così come definito dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR), adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 e in vigore dal 3 gennaio 1976, secondo cui deve essere riconosciuto il diritto di ognuno a un livello di vita adeguato per sé e la sua famiglia, compreso un nutrimento adeguato. Il diritto al cibo rappresenta un diritto fondamentale di tutti gli esseri umani, così come il diritto all’acqua potabile. Il secondo principio della Dichiarazione di Stoccolma afferma che “Le risorse naturali della terra, ivi incluse l’aria, l’acqua, la terra, la flora e la fauna e particolarmente il sistema ecologico naturale, devono essere salvaguardate a beneficio delle generazioni presenti e future, mediante una programmazione accurata o una appropriata amministrazione”.
In un’area contaminata dalla radioattività non vi è accesso a cibo e acqua salubri provocando così una serie di violazioni dei diritti umani fondamentali. Negli anni precedenti all’incidente di Chernobyl, l’area ora in analisi era circondata da foreste, fiumi e centri urbani e circa il 40% del territorio veniva utilizzato per scopi agricoli. A seguito del disastro, le forniture di acqua potabile e i prodotti agricoli nella zona sono stati contaminati dai più alti livelli di radiazioni e da quel momento l’accesso all’acqua potabile e al cibo è diventato un problema pregnante per coloro che hanno continuato a vivere nella regione.
In conclusione, ho voluto analizzare la relazione tra violazioni dei diritti umani e le problematiche ambientali provocate dal disastro nucleare di Chernobyl in considerazione del diritto alla vita, a un ambiente sano, del diritto all’acqua pulita e al cibo, tutti identificati quali diritti umani fondamentali sia dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHR) che dalla Carta Africana dei diritti dell’uomo e dei popoli del 1981.
In primo luogo, l’incidente di Chernobyl ha causato il più vasto rilascio radioattivo incontrollato nell’ambiente mai sperimentato, comportando gravi conseguenze ambientali, in particolare inquinamento atmosferico e contaminazione delle acque. Il diritto alla vita richiede un ambiente salubre e sicuro, e la contaminazione legata al disastro di Chernobyl ha causato migliaia di decessi per cancro in Russia, Ucraina e Bielorussia tra il 1990 e il 2000 ed effetti deleteri per le condizioni di salute della maggioranza della popolazione in Ucraina.
Secondariamente un altro effetto ambientale causato dal disastro di Chernobyl ha riguardato il diritto ad acqua pulita e cibo, identificabili quali bisogni indispensabili per la protezione dei diritti degli esseri umani a una nutrizione dignitosa.
L’impatto ambientale provocato dall’incidente nucleare di Chernobyl ha causato gravi violazioni dei diritti umani, principalmente in Ucraina, Russia e Bielorussia. Le popolazioni della zona radioattiva soffrono da un quarto di secolo della continua minaccia al proprio diritto di vivere, al diritto ad un ambiente sano, alla salute, all’acqua potabile e al cibo, situazione chiaramente in violazione dei loro diritti umani fondamentali. L’incidente nucleare ha trasformato le aree abitabili in aree inabitabili e innumerevoli vite umane sono andate perdute; inoltre, la maggior parte dei territori “contaminati” nella regione rimane insicura sia per gli insediamenti umani che per lo svolgimento di attività economica.